Uno «sconcertante quadro di aggressività costantemente operato al di fuori o in assenza di valido consenso informato», una «mancanza di ogni considerazione per il paziente e per la sua sofferenza, non solo non alleviata ma aumentata con interventi che lasciano effettivamente sbalorditi». È passato quasi un anno. Era la «clinica degli orrori». Ora, gli orrori tornano a galla.
Pier Paolo Brega Massone, ex primario di Chirurgia toracica della Santa Rita, il suo braccio destro Fabio Presicci (entrambi già in carcere), e Marco Pansera, terzo membro dell’equipe medica fino a ieri ai domiciliari. Tutti e tre nuovamente accusati di omicidio volontario aggravato (reato rigettato nel giugno scorso dal Tribunale del riesame) e lesioni gravissime. Inchiodati da una nuova perizia, che ricostruisce i decessi di quattro pazienti della casa di cura (uno dei quali si aggiunge ai tre contestati nel giugno scorso), sottoposti a interventi ritenuti inutili e dannosi, e l’inferno di altri 24 persone operate senza che ce ne fosse bisogno. Colpevoli, secondo il gip Micaela Curami, di «procedere ad interventi chirurgici contro ogni logica e in assenza di qualsiasi giustificazione, e con la piena consapevolezza dei rischi, privi di qualsiasi finalità terapeutica, cui si sottoponevano gli inermi pazienti». Sorte «migliore», invece, per i sette anestesisti finiti nell’indagine. A loro, per i quali il gip non ha accolto la richiesta del carcere avanzata dalla Procura, può «essere contestato di non aver valutato con esattezza le condizioni dei pazienti che venivano sottoposti ad intervento chirurgico e di non essersi attivati a fronte dell’erroneità dell’indicazione chirurgica». Dunque, secondo il giudice, si tratta di una «responsabilità omissiva» contro cui può «essere mossa una accusa di negligenza». Anestesisti che non hanno saputo - o voluto - contraddire il primario.
Ma l’insieme degli atti presentati dai pm e dai militari del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, che ha condotto l’indagine, dimostrerebbe «come l’aggressività chirurgica che caratterizza l’équipe di chirurgia toracica della Santa Rita non abbia alcun supporto scientifico, ma costituisca un’attività finalizzata all’ottenimento del massimo profitto, a discapito costante dell’interesse del malato». Ancora una volta, dunque, è il business dei rimborsi a muovere la macchina infernale delle sale operatorie.
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