Alla Santa Rita pazienti calati del 20 per cento: «Puntiamo sulla velocità delle liste d’attesa»

Borsone a tracolla, un signore sulla cinquantina attraversa via Jommelli, supera la porta automatica e si ferma davanti all’accettazione. Intanto all’entrata del pronto soccorso arriva un’ambulanza e qualche metro più in là, nelle sale d’attesa, si contano sulle dita di una mano le sedie rimaste ancora vuote.
Cronaca di un minuto davanti alla Santa Rita, che a quattro mesi dal rinnovo della convenzione con l’Asl di Milano, torna ad essere una clinica che lavora a pieno ritmo. O quasi. Questione di numeri. E la nuova dirigenza lo sa bene visto che tiene costantemente monitorato il numero degli ingressi e dei ricoveri. Un esempio: se prendiamo i pazienti di tutte le specialità e li confrontiamo con quelli dello stesso periodo del 2007, scopriamo che manca ancora poco per raggiungere la routine di un tempo.
«La differenza si aggira intorno al 20 per cento - spiega la dottoressa Lucia Negroni, nuovo direttore sanitario - ma speriamo di tornare presto ai vecchi standard e per farlo contiamo sul nostro punto di forza: la velocità delle liste d’attesa».
Ha ricominciato da quattro la clinica milanese di via Jommelli. Quattro infatti, sono stati i primi pazienti ricoverati il 22 luglio, il giorno della riapertura («anche se noi non abbiamo mai chiuso», precisa Negroni) dopo la burrasca del 10 giugno. I 574 dipendenti lo ricordano bene quel giorno: l’angoscia, seguita dalla paura di perdere il posto, durata più di un mese.
«Non è stato facile - ammette il direttore sanitario - ma ora stiamo lavorando tutti molto seriamente per offrire un ottimo servizio ai pazienti e dare all’Asl tutte le garanzie che ritiene necessarie». L’ultima tappa del percorso stabilito dalla Convenzione che ha riabilitato l’ospedale è scaduto il 31 ottobre: entro questa data la clinica ha dovuto «stendere alcuni protocolli per la gestione delle infezioni in ospedale e costituire un ufficio per la verifica del controllo della qualità delle cartelle cliniche».
Per evitare qualsiasi tipo di errore, la nuova direzione ha scelto di avvalersi della consulenza dell’Ospedale Niguarda. «Ci hanno aiutato ad organizzare al meglio tutte le procedure e ormai è solo questione di giorni». Le novità? «Avremo un nuovo ufficio che periodicamente farà delle verifiche sulle cartelle e organizzerà corsi di formazione per tutti i nostri medici, perché imparino il modo corretto di compilare i documenti».
Terminato il percorso «personalizzato» disegnato a luglio dall’Asl per rimettere in sesto l’ospedale, la Santa Rita tornerà ad essere una clinica come tutte le altre e «a questo punto - chiarisce Carlo Lucchina, direttore generale della sanità lombarda - non ci sarà più bisogno di controlli speciali, basterà che la nuova direzione continui l’attività nel rispetto delle regole». E però il destino del reparto di chirurgia toracica, quello dove lavorava Brega Massone, il chirurgo al centro dello scandalo, resta ancora incerto. L’unica certezza: «Non aprirà a breve».

Il motivo? «Per ora non ci sono necessità epidemiologiche», spiega Lucchina.
«L’importante è che i nostri pazienti ritrovino la fiducia nella nostra struttura - conclude Negroli -: sono certa che se noi lavoriamo con serietà, presto il tam tam tra le persone farà il resto».

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