Santini, vita a 3 stelle (Michelin) «La cucina? Come giocare a calcio»

Il primato,il talento di Nadia, i figli: parla il Cardinale del «Pescatore»: «Che non è il miglior ristorante del mondo: è solo la migliore trattoria di Runate...»

Correva l'anno 1995, novembre. «C'era un cliente, molto distinto, che non era alla prima visita nel nostro ristorante. Alla fine del pranzo, mi chiama e dice Signor Santini, da domani voi avete le tre stelle. Era il capo assoluto della Guida Michelin, ovviamente non conosciuto». Parole e ricordi di Antonio Santini, patron del Pescatore di Canneto sull'Oglio (in frazione Runate, ci tiene), talmente autorevole nel mondo del wine e food da guadagnarsi il nickname di Cardinale: giovedì scorso ha avuto la soddisfazione di vedere il suo ristorante ancora ai vertici della Rossa più amata e odiata. Da venti anni al top, un vero record: quando la conquistò, solo Gualtiero Marchesi e l'Antica Osteria del Ponte a Cassinetta potevano fregiarsi del titolo. Il primo ha deciso di non considerarle più (ma solo quando era in fase calante), il secondo locale da qualche anno apre e chiude, cerca il rilancio e lo fallisce. Evidentemente, i Santini sono più bravi. «Questo non lo so, il Pescatore ha preso la stella nell'82, sei anni dopo eravamo alla seconda e tredici anni dopo la terza. Molti non ci credono ma il segreto è lavorare per l'eccellenza e non per il risultato che ovviamente fa un sacco di piacere. Ma è un po' come nel calcio, la mia passione insieme alla Ferrari: devi prima giocare bene, al massimo delle potenzialità, e poi pensare al successo. Sul breve forse perdi qualche partita ma a lungo andare così non sbagli quasi mai».Santini, cuore rossonero e timbratore di tutte le finali di Champions League da Barcellona '89 in poi («che tavolate meravigliose facevamo prima e dopo il match con Gianni Brera, Giacomo Bologna, Maurizio Zanella»), ha fatto del Pescatore un modello di cucina e ospitalità. Alla prima pensa la moglie Nadia, mano formidabile (nel 2013, è stata eletta la miglior chef al mondo) e ottima insegnante visto che nel piccolo spazio dedicato ai fornelli il neofita resta a bocca aperta, pensando all'imponenza di altre cucine stellatissime sono passati e cresciuti tanti chef italiani. Altro merito aver portato, in modo naturale, i due figli a seguire le orme dei genitori: Giovanni è in cucina, Alberto in sala. Laureati (il primo in Scienze e Tecnologie Alimentari, il secondo in Economia e Commercio), preparati e 2.0 quanto basta. «I trentenni che lavorano oggi nei ristoranti sono nettamente superiori alla mia generazione: girano di più, studiano di più, sono convinti di più. Ho deciso di occuparmi di cibo solo quando mio padre ha deciso di vendere questo ristorante, solo allora ho sentito la fiamma. Poi l'incontro con Nadia, che studiava come me, mi ha cambiato vita e carriera. Alle nuove leve dobbiamo solo insegnare la ricerca costante della qualità, al resto sanno già badare loro».E difatti, i Santini boys hanno capito che non bisogna deviare dalla rotta maestra, semmai ritoccare o creare senza sconcertare. Esempio: i Tortelli di zucca, piatto cult della cucina italiana, portati a compimento da mamma Nadia sono stati ulteriormente perfezionati da Giovanni, in nome della leggerezza. Così si smontano e si rimontano capolavori come la Terrina di astice con caviale Oscietra Royal e zenzero marinato, l'Anguilla alla griglia con il radicchio dell'orto di casa, la Sella di capriolo con salsa al Cabernet e mirtilli rossi. Tutto nel solco di una raffinata cucina del territorio e italiana in genere, con menu super stagionali, accompagnati da una superba cantina di tutte le nostre regioni e di Francia, punto di riferimento culturale e gastronomico di Santini. Piccola provocazione: c'è la paura di fare un salto indietro, di non essere più in vetta? «Non ci si pensa, si gioca di squadra cercando di non sbagliare. Da un lato siamo favoriti in quanto famiglia e in Italia, a meno di affiancare un finanziatore o entrare in una struttura alberghiera, è la soluzione più facile. Non è un caso ci siano pochissimi chef-patron. Quanto alla tensione... gli unici che possono perdere le tre stelle sono quelli che le posseggono. E nel caso, il servizio seguente, torneremmo a lavorare ancora più motivati: molti non sanno che Ducasse ha perso due volte le tre stelle e le ha riprese».Una cosa è certa: qui non si corre il rischio che la sala per quanto perfetta debba salvare quanto combinano i cuochi. «Il grande Michel Gras diceva che se la cucina è cattiva, la sala vale il 100 per cento di un posto. Per me vale il 40. Ma deve essere organizzata pensando che soprattutto in un posto come il nostro la gente viaggia ore e ore per sedersi, ha grandi attese e per quanto si siano preparati, devono restare sorpresi e uscire felici. Semplice». Magari lo fosse. Ma così è al Pescatore, orgoglio di Lombardia e dell'Italia intera, miracolo (apparente) nella bassa Mantovana.

Per Paul Boucuse, le Chef per antonomasia (tre stelle da 50 anni, guarda caso, e primo grande cuoco-patron al mondo), è il miglior ristorante del pianeta: «Esagera, è un vecchio e carissimo amico. In realtà, questa è semplicemente la miglior trattoria di Runate». Così parlo il Cardinale, esempio vivente di come si raggiunga e si mantenga l'eccellenza.

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