La satira è come la cartella esattoriale, o la morte. Sacrosanta e inevitabile, financo necessaria. Purché arrivi agli altri.
Paradosso di una parola che etimologicamente deriva dall’espressione etrusca satura lanx, a indicare il «piatto misto» di primizie cucinate dagli uomini e destinate agli dèi o ai re, la satira piace a tutti, eccetto a chi ne è vittima, di solito uno che si crede dio, o un re. È per questo che manifestano maggior intelligenza quei pochi che sono capaci di riceverla con garbo piuttosto che quei tanti che la somministrano con volgarità. La satira, più che di senso dell’umorismo, è una questione di stile.
E in questo la sinistra, notoriamente ricchissima di senso dell’umorismo, spesso manifesta ineleganti cadute di stile. Sempre pronta a sorridere e invocare la libertà di espressione quando la satira viene «servita» ad altri, con un tipico riflesso pavloviano di marxista memoria mostra i denti e minaccia di strapparsi le vesti quando il piatto finisce sulla propria tavola. E a stracciarsi le vesti si finisce col rimanere in mutande. Una grande mancanza di stile.
L’ironia, insegna un grande vecchio del giornalismo, è sacra solo se radical chic. Oggi molti radical chic e tutta la sinistra radicale si indignano per i provvedimenti contro il compagno Santoro e contro il compagno Vauro. Gridano alla censura e inneggiano alla libertà di vignetta. Scoppiano moti di proteste e s’innalzano cori di sostegno. Senti chi parla.
Senti chi parla: Goffredo Bettini, uno che fosse soltanto per la sua grande passione per il cinema dovrebbe conoscere bene il senso del tragico e della commedia, oltre che della satira; uno che oggi è senatore e che si iscrisse alla Fgci quando ancora l’Unità non ballava il Tango, uno che poi è stato tra i fondatori di quel Partito democratico il cui quotidiano di riferimento questa mattina apriva con una gigantesca vignetta (disegnata da Staino) a favore della «Libertà di satira, libertà di parola»; uno che sta per presentare querela per un articolo pubblicato a gennaio su Emme, il supplemento satirico dell’Unità (diretto da Staino).
Senti chi parla: la sinistra riformista e dalemiana che paventa la censura di regime e l’ostracismo dei comici, la sinistra profondamente democratica ma altrettanto suscettibile che non esitò - visto che si parla di giornalismo, disegnatori e libertà di espressione - a querelare Forattini e chiedere tre miliardi di danni (in lire, era il 1999) per la vignetta su D’Alema in mezze maniche che, armato di bianchetto, cancellava come un forsennato nomi e codici di spie dal dossier Mitrokhin.
Senti chi parla: la sinistra colta e prodiana, che oggi con garbo supponente insegna come «la vignetta di per sé trasgressiva usa il linguaggio del paradosso che non è offensivo», e che «si deve accettare lo scherzo anche su materie per le quali è più difficile scherzare», e che «non si può chiudere la bocca a chi dice cose indigeste» e che «non si vieta l’ironia»; e che però, tramite i legali dell’allora premier Prodi, diffidò un sito internet reo di aver pubblicato la caricatura di Bush che abbraccia l’amico Romano e gli dice: «Non dimentico mai una faccia, ma nel tuo caso farò un’eccezione».
Senti chi parla: la sinistra salottiera, charmant e caviar, che oggi si accoccola ruffiana nel più Fazio-so dei salotti tv per lamentarsi dell’attuale deriva autoritaria del Paese ma si dimentica di chiedere al conduttore come è andata a finire quella storia... quella di quando Fazio perdendo il suo aplomb catodico aggredì verbalmente il compagno Valerio Staffelli e il compagno Daniele Luttazzi che gli chiedevano - ironicamente, s’intende - se era vero che aveva saltato il servizio militare.
Senti chi parla: la sinistra veltroniana, intellettuale e à la page, quella che ha un altissimo senso della commedia quando si tratta di apprezzare quelle all’italiana con Edwige Fenech, ma perde ogni senso del comico quando l’attore è Corrado Guzzanti ed è truccato - così, en travesti - da Walter Veltroni.
Senti chi parla: la sinistra dipietrista e livorista che da due giorni ripete rapsodicamente «No al bavaglio», «No al bavaglio» e che da un decennio, nella persona del suo leader, ha querelato rapsodicamente tutto il querelabile, soffocando sotto un cumulo di carte bollate gli esponenti politici e giornalistici dell’intero arco costituzionale. Siti internet, riviste, nemici ed ex amici compresi.
Senti chi parla: Michele Santoro, uno che pur non essendo né Petronio né Rabelais, con cipiglio da tribuno ricorda a tutti come la satira, storicamente e culturalmente, risponda a un’esigenza dello spirito umano, e come sia stata sempre soggetta ad attacchi da parte dei potenti dell’epoca, e come sia essa insieme un punto di vista e una memoria; ma poi si scorda di quando diffidò tramite avvocati il radio-imitatore Joe Violanti che gli faceva il verso nel suo Morning Show su Radio Dimensione Suono, stagione 2008.
Senti chi parla.
Buon appetito, compagni.
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