Al Salone del libro di Torino, con buona -e consueta- eco mediatica è stato possibile ascoltare Roberto Saviano che ringraziava la società civile per aver favorito il suo rientro in Rai. La censura verso di lui, che pure è sempre presente dai salotti (televisivi) ai saloni, sarebbe stata battuta grazie a «Associazione Familiari delle Vittime di Mafia, Articolo 21 e di WikiMafia, perché non hanno mai smesso di martellare per ottenere una risposta dall'azienda: perché avete bloccato Insider ?». Non bastasse ha ribadito che «la libertà di espressione non è garantita, è conquistata». E poi vai di analisi sociologica & politologica: «Mancano i soldi per l'editoria, l'informazione è in mano ai social, a influencer, divulgatori. Nella penuria di risorse, i fondi veri per fare informazione ed editoria li ha lo Stato, e quindi sei naturalmente prono. Quando su Rai3 facevo share altissimi, era difficilissimo censurare. Ora tutti hanno bisogno dei finanziamenti dello Stato e quindi accarezzano chiunque sia al potere. Ma questo esecutivo pretende fedeltà cieca, totale. Questa è la differenza». Però che cattivi influencer e divulgatori, che magari fanno cultura senza gli enormi mezzi della televisione. Però che cattivi i vertici Rai che quando lo share è alto non si fanno problemi e magari quando è basso sì. Non mandare in onda quello che la gente non guarda è proprio censura. E questo governo poi... fa andare in televisione solo chi è prono. Quindi sarà per quello che ci va Saviano? Perché se no con questa dittatura mediatica che non smuove nessuno come ce la spieghiamo? Perché o c'è la dittatura del governo oppure basta l'intervento di Wikimafia & co. e tutto va a posto e allora la dittatura non c'è. Magari c'è solo un'azienda che due domande se le fa quando qualcuno usa l'espressione «ministro della malavita» per un membro del governo. E dopo le domande, Saviano va in onda come sempre, come sempre va ovunque, ma sempre perseguitato. Sarà che, grazie a Dio, tra le dittature e le operette gli italiani hanno sempre fatto bene le seconde.
E allora pronti a essere Insider all'indignazione permanente, agli spiegoni romanzati, alla catechesi cosmopolita e progressista. Con quel pizzico di pietismo che non guasta. È la dittatura bellezza ma forse non del governo e nemmeno dei vertici Rai.
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