La scemata di Salvini

Mettiamo che ti diamo dello scemo, Matteo Salvini. No, non che alla luce dei fatti emersi giudichiamo «esecrabile» il tuo comportamento: che ti diamo proprio dello scemo. Presente «scemo»? «Sce-mo, sce-mo» scandito come allo stadio, come in un coretto a Pontida: ti andrebbe bene? Fa molto io-parlo-come-mangio, anche se il problema è che cosa avevi bevuto, Salvini. Che ne pensi? Ti piace? Non è che ti richiameresti al tuo pubblico ruolo, nevvero? Il ruolo di capogruppo della Lega a Milano, o quel che peggio di neo parlamentare europeo a Strasburgo.

Come dici? No, certo, nulla esclude che un europarlamentare possa essere anche scemo: ma ti seccherebbe se in tempi di antipolitica qualcuno volesse continuare a distinguere? Ma che, fai anche il sostenuto, ora, Salvini? Di’ un po’, ma chi ti credi? Tu non sei solo il lobbista dei quattro gatti che ti votano, tu sei anche un rappresentante del popolo italiano inteso come tutto, e del Paese, non di un paese. Da queste parti, sai, da mesi interi si discute se esista ancora un privato nel politico, se sia giusto cioè che un’abitazione privata sia fotografata dai guardoni di riviste gossip tipo l’Espresso: ma tu non eri neanche a casa tua, caro, tu eri a una pubblica manifestazione, particolare sinché vuoi, ma sempre pubblica, come il tuo ruolo: non eri a Verona-Napoli. Ora però ti stai rabbuiando, Salvini. Stai pensando che non è bello che un giornale ti dia dello scemo in prima pagina. E avresti, incredibile a dirsi, qualche ragione.

Certe cose non si scrivono. Certe cose si pensano e basta. Certe altre neppure si pensano: e se mai dovesse capitare di pensarle, Salvini, si tace persino con se stessi, e se poi si ricopre una carica elettiva, pagata coi soldi del contribuente, si tace anche perché danneggi il tuo partito, gli alleati, il governo oltreché la collettività tutta. È finita l’oktoberfest, Salvini. Esiste una cosetta chiamata principio di responsabilità, presente? E non guardarti attorno, non cercare complicità, lèvati quel risolino dalla faccia: hai fatto una figura da pirla, l’hai capito o no?

Bossi ti difende perché ai leader tocca pure questa, non si mette certo a fare il forte con i deboli: e però non è la prima nota che prendi la notarella sul diario, piccolo Matteo, c’era anche la genialata di riservare dei posti a sedere per i milanesi in metropolitana, poi c’era l’altra idiozia del kebab: quella leggina milanese, cioè, grazie alla quale per non mangiare il kebab per strada ora non possiamo neanche più mangiarci all’impiedi un panino o una pizza. Tu hai detto che era solo «una festa tra amici che nulla c’entra con la politica»: ed è qui che sembri scemo. Perché allora non hai capito. Non era una festa privata, primo. Secondo, e rassegnati, tu di privato hai ormai ben poco, dato il mestiere che fai: e tra il poco che rimane non rientrano certo i cori da minus habens che ti hanno fatto finire su tutte le prime pagine.

Ora poi la Mussolini chi la tiene più? «Si nu pezzente, nun ce scuccià, s’adda sciacquà ’a vocca primma ’e parlà» ha detto ieri in Parlamento: ecco, che bello. Poi non sai neanche perdere, stile zero.

Ieri sera ti sei dimesso da parlamentare e però hai detto: «Dovevo optare fra Parlamento italiano e Parlamento europeo, e ho scelto l’Europa». Ma certo. Hai deciso tu. Proprio ieri sera. Poi dicevano, i tuoi vecchi amici di partito: Milano da bere.

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