Sulle formiche si moltiplicano da tempo gli studi, anche perché quello che affascina è essere, tutte insieme, quello che viene chiamato un “superorganismo” (al riguardo vi segnalo il libro più esaustivo al riguardo, Il superorganismo di Bert Höllbler e Edward O.Wilson, edito da Adelphi, per perdervi nella mirmecologia). Tuttavia c’è una certa resistenza a considerarle capaci di emozioni paragonabili a quelle umane, nonostante molte evidenze. Il loro agire e essere tutt’uno con il formicaio da una parte ci affascina, dall’altra ci inquieta, perché le vediamo prive di un’individualità. Insomma, ogni formica è il suo formicaio (come un’ape il suo alveare), una vale l’altra, cosa avrà da dirci? Mica è Z la formica.
Un nuovo studio dello scienziato Volker Nehring dell’Università di Friburgo sembra aver dimostrato come le formiche siano capaci di comportarsi come se sentissero rancore, sono perfino vendicative. Nello studio si è voluto approfondire quello che si chiama “effetto del cattivo vicino”, ossia l’aggressività verso le colonie vicine (spesso ce l’abbiamo anche noi, con i vicini di casa, basta dare un’occhiata ogni tanto alla cronaca nera). Che nelle formiche è molto comune.
Tuttavia, in seguito a una serie di esperimenti controllati, si è visto come le formiche che avevano subito molti più attacchi da parte di formiche di colonie rivali avessero un livello di aggressività molto più alto. In altre parole avevano memoria del torto subito. Il risultato dello studio è che le formiche «sono in grado di apprendere in modo associativo le etichette olfattive delle colonie non compagne di nido e di associarle a esperienze negative come essere state aggredite in precedenza».
In generale il pregiudizio sugli insetti e sui loro mini-cervelli è duro a morire, sebbene la ricerca vi si stia dedicando molto. Comprendere un mini-cervello significa comprendere anche il nostro. Lo stesso dottor Voler Nehring afferma che spesso «abbiamo l’idea che gli insetti siano come robot pre-programmati», il che risulta sempre più falso. Giorgio Vallortigara, neuroetologo che da sempre si è dedicato allo studio dei minicervelli (altro consiglio di lettura, Pensieri della mosca con la testa storta, sempre edito da Adelphi), in una delle sue conferenze cita un esempio che riguardava uno studio sull’empatia. Due topolini sono rinchiusi in una gabbietta, uno dei due è imprigionato in una gabbietta più piccola con un semplice meccanismo per liberare l’altro che si lamenta, e alla fine (dopo un bel po’), lo libera. Empatia?
Vallortigara osserva che sì e no: e se fosse semplicemente perché il topolino “empatico” non ne poteva più di sentire l’altro strillare? Al contempo Vallortigara mostra un altro studio, su cui la comunità scientifica è più scettica nell’attribuire una scoperta di empatia, eppure è molto più lampante: a una formica viene appositamente legata una zampetta con un filo a un piccolo sasso, e le formiche compagne, insieme, si adoperano per tagliare il filo finché non l’hanno liberata. Se per i topolini non si hanno problemi a parlare di empatia, nel caso delle formiche sembra un po’ troppo. Eppure.
Ora, oltre che empatiche, sappiamo che sono vendicative (attenti quando ne schiacciate una, non si sa mai). Cosa che conferma, a pensarci, il titolo di un bestseller del 1992 di Gino e Michele: Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano. Che ci crediate o no.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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