Lo scienziato d’antan rincorre il futuro

Quando la Festa di Roma sarà un ricordo, sarà doveroso ricordare che essa ha presentato, oltre al modesto e molesto Borat, anche grandi film come The Departed di Scorsese, La città proibita di Zhang Yimou e Into the Wild di Sean Penn; e nemmeno Juno di Jason Reitman era male. Ai meriti pregressi della Festa appartiene anche questo Dr.Plonk di Rolf De Heer, sebbene giunga al pubblico quasi un anno dopo, quasi alla vigilia dell’ultima Festa, probabilmente.
Regista di film che - per varie ragioni, salvo gli incassi - non si dimenticano, come Bad Boy Bubby, Balla la mia canzone, The Tracker, Alexandra's Project e 10 canoe, de Heer pareva però negato all'umorismo. Invece - ora lo sappiamo - può fare anche quello. Non in modo originale, certo, però ancora una volta in un modo che non si dimentica: imitando le comiche del cinema muto americano, che però duravano molto meno.
In Dr.Plonk non echeggia una parola: ci sono solo colonna sonora al pianoforte e didascalie per raccontare costruzione e uso di una macchina del tempo che porta uno scienziato o il suo sordo assistente nel 2007, per scoprire che, a quel punto, il mondo è alla fine. O almeno così pare a loro. Girato ad Adelaide, Australia, con pochi soldi e una cassa (il veicolo della macchina del tempo), Dr.

Plonk satireggia i governi australiani e le sue classi medie con villetta, dove tutti gli inquilini non si guardano e non si parlano, ma guardano la tv, passivi e silenziosi. Dr.Plonk non è un capolavoro, tira in lungo, ma in questa stagione è fra il meno peggio che ci sia.

DR.PLONK di Rolf de Heer (Australia, 2007), con Nigel Lunghi, Paul Blackwell. 84 minuti

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