«Dio è morto», la celebre e apodittica asserzione nichilistica di Nietzsche, annuncia al mondo lavvento del XX secolo, segnato dal weberiano «disincanto del mondo» che scandisce, per buona parte dellOccidente, la perdita del sacro e del sentimento religioso. In realtà linizio del processo di secolarizzazione, ovvero della progressiva ateizzazione della società, deve essere fatto risalire allilluminismo, il cui sviluppo costituisce uno dei caratteri basilari della modernità. Ora proprio linterpretazione del significato profondo della modernità sta al centro della grande riflessione filosofica di Augusto Del Noce (1910-1989), la cui opera principale ritorna oggi in libreria (Il problema dellateismo, Il Mulino, pagg. 588, euro 22; postfazione di Massimo Cacciari). Del Noce, uno dei più maggiori pensatori che lItalia ha avuto negli ultimi cinquantanni, ritiene infatti che dar conto della modernità altro non significhi che dar conto della genesi, dello sviluppo e degli esiti storici dellateismo: il problema epocale dellateismo è il problema decisivo della modernità. Ma in che senso?
Ciò che differenzia in modo radicale letà medievale dalletà moderna è che, in questultima, Dio non è più al centro del mondo: letà medievale era teocentrica, letà moderna antropocentrica. Per Del Noce, a partire da Cartesio e dal razionalismo moderno ha preso piede, espandendosi in modo sempre più incontrollabile, un prometeismo dellumano che ha portato i suoi protagonisti a non avere più il senso del limite e perciò alla convinzione, del tutto irrazionale, che luomo sia in grado di darsi ogni meta, che possa conquistare tutto, che abbia diritto a tutto. La modernità, in altri termini, è stata profondamente segnata dalla perdita fondamentale del «dogma cristiano»: lidea biblica del peccato originale, vale a dire laccettazione realistica dello status naturae lapsae che caratterizza, in modo irrimediabile, la costituzione stessa degli individui: gli uomini sono creature e non creatori.
Ciò è stato possibile perché lateismo moderno, diversamente dallantico, si basa sullabbandono, volontario e cosciente, di Dio, in quanto unico vincolo che impedisce quella rinuncia del limite senza il quale non è possibile pensarsi e proporsi in termini prometeici. Pertanto esso rovescia il presupposto kantiano, per il quale lesistenza di Dio e limmortalità dellanima, sebbene verità indimostrabili, sono necessarie per la vita morale. Lateismo moderno, cioè, è un ateismo postulatorio, per cui ne consegue che la sua cifra filosofica autentica non è teoretica, ma pratica; non è speculativa e metafisica, ma etica e politica: i veri atei non sono interessati a dimostrare che Dio non esiste, ma a dimostrare che è molto meglio vivere senza Dio. Si spiega dunque perché Del Noce interpreti letà moderna e contemporanea partendo dalla constatazione che lintreccio tra ateismo e politica è irrisolvibile, essendo, queste due dimensioni, perfettamente speculari.
Il pensiero filosofico che fonda la modernità si basa sullidea che il progresso della conoscenza avviene grazie alla sua autonomia dalla teologia cristiana: la filosofia deve distaccarsi definitivamente dalla religione. Ne deriva unineludibile linea di pensiero che va - pur con gli inevitabili contrappassi problematici e contraddittori - dal razionalismo al materialismo e dal materialismo al nichilismo. Il punto di approdo più coerente di questo processo ateistico è rappresentato da Karl Marx, perché il teorico del comunismo è stato colui che, più di tutti i pensatori contemporanei, ha elaborato la sintesi tra filosofia e politica, risolvendo la prima nella seconda. Il marxismo afferma linveramento della ragione nella prassi, nel senso che solo la storia dimostra la verità di unidea. Lessenza delluomo è la sua riduzione a essere storico-sociale, per cui il cambiamento delluomo sarà la conseguenza del cambiamento della società. Marx riconcilia la morale e la politica e in questa direzione, cioè nel superamento della separazione posta da Machiavelli, vi è il superamento stesso dellantropologia cristiana, il cui prezzo è dato dalla nascita del totalitarismo, perché letica viene inglobata dalla politica.
Si tratta dunque, a giudizio di Del Noce, di uno storicismo distruttivo, poiché non esiste la possibilità di unemancipazione secolare delluomo: linevitabile fallimento del marxismo - e per conseguenza del comunismo - è già inscritto nelle sue premesse teoriche. Ciò che è paradossale, ma del tutto conseguente, è che il marxismo non può sfuggire alla logica che lo ha generato: se la verità di unidea è data dallincidenza dellazione che la pone in atto, allora non è la ragione a decidere, ma la forza. Il marxismo sfocia perciò nella dimensione gnostica, risolvendosi in una nuova e fanatica forma religiosa. Così Marx, che voleva distruggere la religione, finisce per creare la religione secolare più potente della modernità, anche se destinata, prima o poi, al naufragio completo.
Questa interpretazione della storia contemporanea in chiave «transpolitica» non si ferma al comunismo, ma si allarga al fascismo, essendo questo, sempre a giudizio di Del Noce, un altro inevitabile derivato ideologico fondato sulla conferma della ragione nella storia. Anzi il fascismo, molto più del marxismo, gioca tutto se stesso nellazione, tanto da elevarla a criterio unico di verità. Per capire bene il fascismo bisogna dunque studiare il suo massimo teorico, Giovanni Gentile, e analizzare il senso dellincontro politico e filosofico tra questi e Benito Mussolini. Si vedrà in tal modo che la natura profonda del fascismo è da rintracciarsi nella sintesi - anchessa paradossale, ma del tutto conseguente - del socialismo rivoluzionario (Mussolini) e dellidealismo (Gentile), dove il socialismo si è risolto in puro rivoluzionarismo (lazione per lazione) e lidealismo nellattualismo (latto puro del pensiero come pensiero creatore). Ed è questa unaltra forma di ateismo immanentistico perché qui la negazione della trascendenza è ancora più radicale. Del Noce anticipa così gli studi magistrali di Domenico Settembrini e di Zeev Sternhell circa la natura antiliberale del fascismo, la cui genesi deve essere rintracciata nel socialismo: la filosofia della prassi di Marx è stata «depurata» dalla dimensione materialistica e internazionalistica prima con Sorel e poi con Gentile, il soggetto della storia non è più il proletariato, ma la nazione, e la lotta fra le classi è diventata la lotta fra gli Stati. Il suo «marchio», la filosofia della prassi, informa anche il comunismo italiano (Gramsci) e lantifascismo di segno azionista.
Nella critica senza appello dellateismo, Del Noce include anche la società capitalista quale generatrice dellegoismo e dellanomia sociale. Essa è intrinsecamente ateistica perché spinge gli individui alla mera ricerca del benessere materiale, favorendo una morale permissiva. Ne consegue lemarginazione del pensiero religioso e lincapacità di dar vita a nuovi valori, che non siano quelli dellesaltazione della scienza e della tecnica.
In questa condanna della società «borghese» il grande filosofo cattolico sconta lestrema coerenza del suo pensiero, che lo porta, suo malgrado, a coincidere con le critiche moralistiche e antiliberali del cattocomunismo, da lui avversato tutta la vita. Contraddizioni che certo non intaccano la vastità e la profondità della sua riflessione teoretica.
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