Per gli abitanti di Capriano di Briosco, minuscolo paesino nell'alta Brianza monzese, sono «quelli di TikTok». Per conoscerli bisogna arrivare a una grande villa in cima a una collina: nella casa un dedalo di locali su più piani e uno strano mix di ambienti, a metà tra Grande Fratello televisivo e set cinematografico, con sale multicolori, in cui è ben evidenziato il nome dello sponsor, che si succedono agli studi di registrazione. In un'ala lontana le camere da letto, nel sotterraneo palestra e piscina, intorno un grande parco.
Ad abitare nella villa una ventina di giovani influencer, stelle del web, praticamente sconosciuti a chi abbia più di 30 anni, idoli per chi ne ha 16.
Il più famoso, o almeno così pare (chi scrive ha decisamente più di 30 anni), si chiama «Er Gennaro», nella vita Alessandro Scarpa, 19 anni, di Carimate in provincia di Como. Per scherzo ha iniziato a girare piccole scenette e a pubblicarle su TikTok, il social network che è l'ultima passione dei giovanissimi. In poco tempo si è conquistato 3 milioni di ammiratori. Da quando, qualche mese fa, si è trasferito nella villa di Briosco i milioni sono diventati 4,6.
La sua fidanzata, Giulia Sara Salemi, di anni ne ha 17. È diventata famosa nel 2017 recitando in una serie tv per ragazzini, Miracle Tunes. Canta, balla e sta cercando di consolidare la sua fama sui social: grazie a Instagram la seguono più di 700mila follower.
Er Gennaro e Giulia Salemi si sono conosciuti nella villa di Briosco, che ha una particolarità: è uno dei primi laboratori per influencer nati in Europa. Nel gergo della rete si chiamano collab house, o anche Tiktoker house, ed erano fino a qualche tempo fa un fenomeno americano: sono splendide ville hollywoodiane (di solito) in cui i manager dei più noti influencer riuniscono in comunità i loro assistiti. Contatti e interazioni favoriscono creatività e arricchiscono le storie pubblicate sui social. Il gradimento degli ammiratori, e i contratti pubblicitari, ne guadagnano. A passare per una collab house è stata anche Charlie D'Amelio, la sedicenne che è stata la prima al mondo a raggiungere i 100 milioni di follower su TikTok.
Nella seconda metà del 2020, complici i problemi legati al Covid, la tendenza è arrivata anche in Italia. Alcune tra le maggiori società di management che gestiscono talenti del web hanno creato la propria collab house. Tre sono nate a Milano e dintorni: La Stardust House, quella di Briosco, Chill House (che nel frattempo ha già chiuso) e Defhouse, la comunità-accademia lanciata dal gruppo Wsc guidato da Luca Casadei. Altre case stanno aprendo un po' in mezza Italia.
TOP SECRET
Le comunità-accademie degli influencer sono subito diventate un fenomeno ben noto ai frequentatori del web. E anche per questo l'indirizzo esatto della Defhouse, nella zona milanese di Lambrate, è top secret. «Nessuna mania di riservatezza», spiega Casadei. «Vogliamo semplicemente salvaguardare la tranquillità dei vicini di casa. Se si sapesse dov'è partirebbe l'assedio degli ammiratori». In giugno e luglio le otto star della Rete che vivono nell'abitazione (per la cronaca Simone Berlini, Davide Moccia, Alessia Lanza, Florin Vitan, Tommaso Donadoni, Yusuf Panseri, Jasmin Zangare e Marco Bonetti: tra i teenager celebrità da 23 milioni di follower complessivi) hanno iniziato un tour in diverse città. Anche in questo caso, per evitare assembramenti, il loro arrivo non veniva comunicato in anticipo. «Nella casa cerchiamo di formare i ragazzi. Sul piano della creatività e della produzione ma anche a diventare imprenditori di se stessi», spiega Casadei, produttore di alcuni tra i protagonisti del web italiano, nomi ormai noti al di là del mondo digitale come Favij, i Mates, Giulia Penna e LaSabri (vedi anche il colloquio nell'altro articolo in pagina). I principi, insomma sono quelli di una Academy, di una scuola d'arte digitale, con regole, corsi e frequenza scolastica obbligatoria.
Al di là di questi aspetti a favorire la nascita delle collab house sono le tendenze nel mercato degli influencer, che fanno sempre più fatica a distinguersi l'uno dall'altro. Chiara Giachino, docente di Marketing all' Università di Torino e Augusto Bargoni, ricercatore presso lo stesso ateneo, hanno appena scritto un testo per spiegare il fenomeno: «Il numero di persone che sulla rete possono vantare un gran numero di follower è cresciuto», spiegano. «Gli influencer si sono moltiplicati, ma il loro valore è sceso e si è creato un fenomeno che ricorda un po' quello dei procuratori di calcio. Come i procuratori, le società di management che gestiscono gli influencer e che procurano loro i contratti pubblicitari, tendono a creare un portafoglio di talenti. Così ampliano la propria offerta alle aziende e aumentano il loro potere negoziale».
GIOVANI PROMESSE
Ad applicare quasi scientificamente il principio è Stardust. I fondatori della società vengono tutti da esperienze diverse. C'è Fabrizio Ferraguzzo, ex direttore musicale di X Factor e nuovo manager dei Maneskin (in passato ha curato molti tra i successi di Fedez, Alessandra Amoroso, Giusy Ferreri e Biagio Antonacci); Antonino Maira, consulente tra l'altro per le Nazioni Unite; Alan Tonetti, giornalista ed esperto di valute digitali, Simone Giacomini, produttore teatrale; Ettore Dora, il finanziario del gruppo. «Più che su influencer affermati puntiamo su ragazzi che mostrano delle potenzialità. Noi li aiutiamo a crescere», spiega Alan Tonetti, che si occupa dello sviluppo dei talenti. Una delle ultime ragazze entrate nella casa di Briosco, nel mese di marzo è per esempio Samara Tramontana, 17 anni, liceale della provincia di Lodi. I suoi balletti raccoglievano fino a poche settimane fa poche migliaia di visualizzazioni, ora i follower su Instagram sono 180mila.
Oltre ai 20 ragazzi della Stardust House (scenderanno a 16) la società ha messo sotto contratto 150 influencer e ha rapporti di collaborazione con altri 400. Vengono retribuiti con un fisso mensile, che va dalle poche centinaia a 3mila euro. «Il tentativo è quello di industrializzare l'influencer marketing», dice Maira. «Offriamo un pubblico di milioni di persone, lo studio del miglior messaggio di comunicazione e allo stesso tempo garantiamo il rispetto dei valori che il marchio che si rivolge a noi porta con sé».
ESERCITO SCHIERATO
La potenza di fuoco serve a impostare campagne come quella realizzata per Sony. «Ci hanno affidato un brano, Spaccato di Don Joe e Madame», racconta Simone Giacomini che di Stardust è amministratore delegato. «Era già uscito ma senza particolare successo. Noi l'abbiamo fatta diventare un'hit. E la Sony ce n'ha affidato un altro, Watermelon Sugar, che attraverso i nostri influencer siamo riusciti a far diventare virale». Gli influencer protagonisti del successo sono gli stessi che hanno lavorato tra l'altro per FCA (in questo caso si trattava di lanciare la Panda 40th anniversary), Sky (per la promozione di SKYQ), e per una serie di grandi marchi che vanno da Liu Jo a Universal Music, dal Milan fino a Invicta, Polaroid e Safilo.
L'esercito degli influencer schierato da Stardust può essere considerato il modello opposto a quello di Chiara Ferragni, dove tutto è concentrato sul volto e sul nome di una persona. C'è chi ha deciso di puntare le proprie carte su entrambi i percorsi, come il fondo di investimento Alchimia, guidato da Paolo Barletta. Il finanziere controlla già il 40% del marchio Chiara Ferragni e nei giorni scorsi ha annunciato di aver acquisito anche il 34% di Stardust. «I soldi ci serviranno per finanziare l'espansione internazionale», spiega Simoncini. «L'obiettivo è quello di aprire una Stardust House a Dubai. Siamo a buon punto, contiamo di riuscirci entro la fine del 2021».
Raccogliere un pugno di influencer in una città cosmopolita dove la lingua più praticata è l'inglese servirà a dare l'assalto ai budget pubblicitari e alle campagne dei grandi marchi internazionali. «Poi toccherà a Miami», continua Simoncini. «Anche lì i progetti sono concreti. È una città fondamentale per il mercato statunitense e quello dell'America Latina».
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