Se il critico non dorme sugli allori (altrui)

Buazzelli e la Ferrati, Calindri e le due Valeri, Gassman (Vittorio, naturalmente) e la Moriconi. In quarant’anni di teatro Giovanni Antonucci ha visto, e sentito, tutti i grandi della scena. Non soltanto italiana. Perché, tra il ’68 e il 2007, ha messo nero su bianco anche le critiche di spettacoli in cartellone a Londra come a New York, a Praga come a Parigi. Ha avuto così l’idea, il nostro collega, per lungo tempo apprezzato collaboratore del Giornale, di pubblicare le sue recensioni. Riunite in un volumetto dal titolo Lo spettatore non addormentato (edizioni Studium, pagg. 221, euro 16,50) che fa il verso a una raccolta di Ennio Flaiano, estemporaneo, beffardo critico teatrale (Lo spettatore addormentato), uscita nell’83, undici anni dopo la sua scomparsa.
Si va quindi dallo scespiriano Riccardo III (aprile ’68) diretto da un giovane Luca Ronconi con Gassman, già consolidato superdivo cinematografico, fino a La sposa persiana di Giancarlo Marinelli, protagonista Mariano Rigillo. Le recensioni sono piacevolmente scorrevoli e ammirevolmente sintetiche, una paginetta, a volte due (mai di più) ciascuna, tanto per ribadire che anche il lettore, e non solo lo spettatore, deve restare bello sveglio.
Antonucci ha il merito di non lisciare cortigianamente il pelo ai big, elogiandoli solo quando valgono davvero. Ecco così risplendere il talento di Gianrico Tedeschi, irresistibile protagonista di Il maggiore Barbara, o di Mario Scaccia, interprete, regista e adattatore del testo, con triplice, eccellente risultato, di Il galantuomo per transazione di Giraud. O ancora di Glauco Mauri nell’Enrico IV di Pirandello.
Ma Antonucci è anche capace di inattese strigliate a chi lo delude. Vedi Silvio Orlando, «protagonista opaco, senza alcun risvolto e, nel finale, più rancoroso che sincero» in Questi fantasmi di Eduardo De Filippo.

Oppure Carlo Cecchi, «che si è messo in testa - non c’è peggior cosa delle fissazioni - che Beckett sia un autore comico», nella recensione di Finale di partita. Unico neo, dell’editore, non dell’autore: il prezioso indice conclusivo dei nomi non è accompagnato dall’elenco delle opere citate. Pazienza, nessuno, si sa è perfetto.

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