La nuova ideologia woke e liberal infrange un nuovo tabù e prende di mira il diritto a possedere libri mettendo in discussione l'esistenza delle biblioteche private. La proposta arriva dalle colonne del quotidiano inglese The Guardian in un articolo a firma di Rhiannon Lucy Cosslett intitolato «Reading is precious which is why I've been giving away my books». La tesi della giornalista nasce da uno dei temi ricorrenti del mondo liberal: il senso di colpa. Lo stesso senso di colpa che dovrebbe avere l'Occidente per il colonialismo e che porta a riscrivere la storia buttando giù le statue, ora fa un salto di qualità arrivando a colpire i libri. Eppure la principale caratteristica di questa nuova ideologia che trova terreno fertile nelle pagine dei quotidiani progressisti americani e inglesi e che alcuni cercano di scimmiottare in Italia, è quella di spingersi sempre oltre pur di mettere in discussione le nostre abitudini e tradizioni. Rhiannon Cosslett scrive: «Sto donando i miei libri alle persone che possono trarne i maggiori benefici. Perché tenere un romanzo che potrebbe deliziare qualcun altro?», aggiungendo: «trovo piuttosto triste l'idea di accumularli c'è persino una parola giapponese, tsundoku, per permettere ai libri di accumularsi senza essere letti. Invece, scelgo di donare i miei (...) o di lasciarli sul muro fuori casa, dove scompaiono sempre». Non paga la giornalista scrive: «Confesso che a volte li metto persino nel riciclaggio. Solo quelli veramente discutibili, da cui sento di salvare il lettore togliendoli dalla circolazione» sdoganando la distruzione dei libri. Nella sua mente offuscata dall'ideologia, non prende nemmeno in considerazione che un libro che lei giudica non degno di essere letto, potrebbe interessare un altro lettore. Ad essere errato è però l'intero ragionamento alla base dell'articolo perché il modo per diffondere la cultura a chi ne ha più bisogno non è privarsi dei propri libri, bensì favorire politiche culturali a sostegno della lettura, incrementare la presenza delle biblioteche pubbliche, diffondere un'educazione alla lettura, tutte misure che non sono in contraddizione con l'avere una propria biblioteca. Peraltro acquistare libri significa contribuire al sostegno di una filiera che dà lavoro a migliaia di persone e, gli stessi che si lamentano dell'assenza di posti di lavoro nel settore culturale o degli stipendi bassi nel mondo editoriale, sono i primi a promuovere comportamenti che non aiutano la filiera.
Chissà cosa direbbe un grande bibliofilo come Umberto Eco se leggesse l'articolo del Guardian; eppure una soluzione ci sarebbe e la suggerisce Anatole France, autore de Il delitto dell'accademico Sylvestre Bonnard: «Mai imprestar libri, non uno fa ritorno; i soli che ho in biblioteca sono quelli che altri mi hanno imprestato». Se Rhiannon Lucy Cosslett vuole prestare i suoi libri faccia pure, saremo ben lieti di metterli al sicuro nelle nostre librerie.
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