Arturo Gismondi
Nicolas Sarkozy, ministro dellInterno e autorevole candidato della destra gollista alle elezioni presidenziali del prossimo anno ha deciso di scatenare in Francia una sorta di rivoluzione culturale. E ha deciso di rivolgerla, fra i miti nei quali si adagia la società francese, contro quello della «rivoluzione del 1968» che ha prodotto a suo giudizio una cultura contraddittoria, fatta di ribellismo e conservatorismo che da trenta anni ha leffetto di paralizzare le energie intellettuali della Francia.
Il tutto, o molto, è avvenuto in un seminario estivo della gioventù gollista riunito a Marsiglia. «Limmaginazione al potere - ha sostenuto Sarkozy - è stato un magnifico cavallo di Troia per dare un assalto al palazzo, e al potere. Un potere che dopo essere stato contestato, sovvertito, conquistato è rimasto simile a se stesso». Limmaginazione si è così trasformata in immaginario, in quella massa inerte di stereotipi, di repertori che compongono luniverso mediatico della attuale sinistra.
A dar conto delle cose pronunciate in quella assise è stata la gioventù gollista, ma alla loro diffusione ha contribuito lallarme di un establishment che delle imprese del 68, e dei suoi risultati, è stato e resta protagonista interessato: nelle burocrazie, statali o sindacali, nei media, nei giornali. Nellattaccare la cultura dominante Sarkozy non si è risparmiato. «Gli studenti del 68 erano i figli viziati di trenta anni di benessere, voi siete i figli della crisi. Loro vivevano senza costrizioni, siete voi a pagarne il conto». Lanalisi va alla situazione economica, che chiude molti spazi alle nuove generazioni, alla immobilità di un Paese come gelato nei rapporti sociali, soprattutto agli occhi e allesperienza dei giovani. Limmobilismo nutrito di ribellismi contribuisce a un disagio culturale fatto di contraddizioni palesi. Si citano in un documento «linversione dei valori e il giovanilismo, la svalutazione del lavoro, e del merito, la dequalificazione di massa allinsegna dei diplomi per tutti». E, contraddizione solo apparente, in una società siffatta, conservatrice o addirittura reazionaria, una parte della cultura è ancora sensibile alla «esaltazione del maoismo e del castrismo».
Nella passata stagione la Francia è stata sconvolta da violenze di massa che ne hanno messo in risalto il malessere: la rivolta delle banlieu ha dato voce al ribellismo nichilista e anarcoide degli immigrati di seconda o terza generazione; la rivolta contro una legge sul precariato, che mirava ad avviare un modo diverso di accesso al lavoro.
La rivoluzione di Sarkò aveva già impresso sulla Francia una impronta originale con il libro Les religions, la Republique, lespoire nel quale aveva invitato lintellettualità francese al realismo del futuro: lo spirito tardo giacobino della Republique non è sufficiente a integrare una immigrazione portatrice di valori religiosi vissuti spesso con spirito fondamentalista, e non basta ad armare le coscienze di uno stato e di una società laicista che abbia rinunciato alla sua identità storica e religiosa. Sarkozy osserva che «la vita spirituale rappresenta la base di impegni umani e filosofici che la Repubblica non può offrire. La Repubblica difende la regola, la legge, non le riconnette a un ordine spirituale, indica le cose consentire e quelle vietate, non indica quelle buone e quelle cattive. La religione al contrario può offrire questo parametro». Così la religione marxianamente respinta dal 68 come oppio dei popoli ritorna, nella concezione di Sarkozy, come patrimonio etico delluomo e dellEuropa, e si pensa allislam presente sul territorio.
Nella rivoluzione di Sarkozy il rifiuto del 68 è concepito come un risveglio rispetto allopacità culturale che affligge la Francia e lEuropa: il pacifismo, legualitarismo, la svalutazione del merito, che reca con sé una dequalificazione di massa e dellautorità. Lallarme di tanta parte dellestablishment francese si fa sentire.
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