Se il sopruso trasforma la vittima in carnefice

Come ventitrè anni fa solo una sedia al centro del palcoscenico ed un faretto sopra di lei per dimostrare quanto da anni sostiene Baliani: «L'arte non è fare, aggiungere,… ma sta nel togliere». Una legge oramai accreditata che in quest'opera arrivata alla sua millesima replica si concretizza fascinosamente, e così ecco rendere visibile l'invisibile, raccontando semplicemente una storia, quella di Kohlhaas, allevatore di cavalli nella Germania del Cinquecento. Michele Kohlhaas è un uomo giusto. Michele Kohlhaas ama la sua vita, la sua famiglia, i suoi cavalli. Michele Kohlhaas si sente in pace con se stesso e con il mondo quando sa di essere parte di un cerchio di giustizia - divina o terrena - che circonda ogni essere vivente. Ma un giorno il barone von Tronka commette un sopruso nei suoi confronti, sottraendogli con l'inganno i suoi due puledri prediletti. Il mondo di Kohlhaas si dissolve e l'allevatore si trasforma da vittima in carnefice, all'inseguimento di una vendetta contro un uomo che non raggiungerà mai. Il testo di Heinrich Von Kleist è la base concreta che ci traghetta nel susseguirsi di immagini, personaggi ed eventi. La luce dall'alto avvolge Marco Baliani, vestito di nero, seduto su quella sedia al centro del palcoscenico. Non serve nient'altro per dare vita allo spettacolo, se non la parola e la sua musicalità. Grazie ad una mimica misurata ed alla propria carica affabulatoria, l'attore-autore riesce a interpretare tutti i personaggi del racconto come un cantastorie d'altri tempi. Ammalia gli spettatori per più di un'ora, non beve mai una goccia d'acqua (come fa?), non si alza mai da quella sedia, né fa il gesto di farlo, la sedia fa parte del suo corpo, del suo essere e del suo modo di recitare, non un complemento d'arredo ma uno strumento di espressione recitativa. Piccoli colpi di tacco e la sedia e l'uomo si trasformano in un cavaliere, in un esercito, in un plotone di fanteria.

Pochi gesti, un volgere di sguardi, un impercettibile cambio di posizione e accanto, dietro, davanti a lui ecco comparire bandiere che sventolano in distese erbose e boschi lussureggianti, nobili e contadini, dame e zingare, senza mai perdere la percezione di quel sentimento di sopruso e quel desiderio di affermazione della giustizia mescolati ad un ampio ventaglio di emozioni. Un lavoro di estrema pulizia tecnica che ha il suo perfetto equilibrio tra l'arte attoriale e l'analisi psicologica. Un capolavoro senza dubbio che lascia ancora esterrefatti.

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