Sei arresti a Leeds, la città dei quattro kamikaze

Ma sembra che questi fermi non siano direttamente collegati al 7 luglio. Uno degli attentatori di Londra non sarebbe stato giudicato pericoloso dagli 007

da Londra

Mentre in Gran Bretagna prosegue la caccia al quinto uomo, la polizia inglese continua a passare al setaccio gli ambienti dell’estremismo islamico. Ieri, in base alla legge sull’immigrazione illegale, sono stati effettuati sei arresti, nello Yorkshire, a Leeds, la città dei quattro attentatori di Londra. I fermi non sarebbero direttamente collegati agli attacchi del 7 luglio.
Intanto l’intelligence deve fare i conti con un’amara scoperta. Secondo il settimanale Sunday Times, Mohammad Khan, uno degli attentatori responsabili della strage, era stato messo sotto inchiesta l’anno scorso dall’Mi5 (il servizio segreto interno inglese), che non lo aveva ritenuto pericoloso per la sicurezza nazionale. La polizia di Londra e il ministero degli Interni non hanno commentato la notizia.
Ma c’è anche un’altra novità. L’Egitto ha reso noto che, almeno per ora, non consegnerà alle autorità britanniche Magdy El Nashar, il chimico indicato da alcuni come il fabbricante degli ordigni. El Nashar, stando al ministero degli Interni del Cairo, non risulta coinvolto nella strage del 7 luglio. Fonti cairote hanno dichiarato che sono in corso gli interrogatori, ma che per una questione di «sovranità nazionale» verranno condotti in Egitto. Le indagini per trovare il quinto uomo proseguono a ritmo serrato. Secondo il Sunday Express, le Sas, le teste di cuoio, sarebbero pronte a entrare in azione. «Stiamo cercando un quinto terrorista - ha detto al giornale inglese una fonte vicina all’intelligence -. Il fatto che abbia lasciato a Luton degli esplosivi desta sospetti perché si tratta di materiale instabile. Non se ne porta dietro più di quanto serve. Stiamo cercando di capire se qualcuno non si sia presentato all’appuntamento di Luton».
E poi c’è la mente degli attentati. Un uomo che sarebbe entrato in Gran Bretagna dal porto di Felixstowe e che sarebbe partito dall’aeroporto di Heatrow il giorno prima degli attentati. È ormai quasi certo che gli attentatori di Londra non erano delle reclute senza legami a organizzazioni terroristiche, come affermato all’inizio delle indagini. Secondo l’Independent on Sunday, Mohammed Junaid Babar cittadino americano di origini pachistane, in carcere per presunti legami con Al Qaida, avrebbe riconosciuto in una fotografia Mohammed Khan, uno dei quattro kamikaze. Babar ha raccontato di aver partecipato a un piano mirato a colpire ristoranti, bar e stazioni ferroviarie in Gran Bretagna. Sempre secondo fonti americane, un altro degli attentatori, Germaine Lindsay, avrebbe avuto contatti con sospetti terroristi del New Jersey ed era incluso in una lista di sorvegliati dalle autorità statunitensi.
La polizia britannica ha fornito all’intelligence pakistana i numeri delle rubriche di Shezad Tanweer, Hasib Hussain e Mohammed Khan, tre dei kamikaze che avrebbero avuto frequenti contatti telefonici con il Paese asiatico. Al momento le autorità di Sialkot hanno interrogato un uomo d’affari presente sugli elenchi di uno dei tre giovani. La sua identità rimane riservata, ha ammesso di avere rapporti commerciali con l’Inghilterra, senza però fornire dettagli sul suo contatto telefonico con il kamikaze.
Intanto, per la Gran Bretagna, l’incubo potrebbe non essere ancora finito. Sempre sul Sunday Express di ieri è stata pubblicata un’intervista a Tawfiq Hamid (il nome è di copertura), ex radicale islamico, un tempo vicino ad Al Zawahiri, vice di Osama Bin Laden.

«Ci saranno futuri attacchi terroristici in Gran Bretagna - ha detto Hamid -. Faranno apparire le bombe del 7 luglio come una piccola cosa. Fra qualche anno mi aspetto un attacco chimico devastante alla rete idrica inglese».

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