"Sono un Patriarca cattivo che scopre le sue fragilità"

Intervista a Claudio Amendola. L'attore torna nei panni del perfido Nemo Bandera della seconda stagione della fiction su Canale 5

"Sono un Patriarca cattivo che scopre le sue fragilità"
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A vederlo così, ingrigito, rugoso, cupo, quasi fatichi a riconoscere in lui il radioso golden boy del cinema italiano anni Ottanta. Poi però Claudio Amendola sorride. Quell'inconfondibile sorriso da lenza (leggi furbacchione) romanesco, diretto e irresistibile. E allora spariscono gli afflitti panni di Nemo Bandera, incattivito protagonista della seconda stagione de Il Patriarca (da lui interpretata e diretta, in onda da venerdì su Canale 5 e in streaming su Mediaset Infinity). E ritorna l'eterno ragazzone naif: lo spontaneo, talentuoso, accattivante Claudio Amendola di sempre.

Allora, Amendola: cosa succederà nella seconda, attesa stagione del suo Patriarca?

«Chiuderemo tutte le storie fin qui aperte, soddisferemo tutte le curiosità nel frattempo sollevate. Il cattivissimo Nemo continuerà a tenere segreto ai suoi d'essere malato di Alzheimer, per non perdere il controllo dei propri loschi traffici; anche se questa imprevista fragilità gli farà aprire gli occhi sui propri errori. Così il suo travagliato rapporto con la figlia vedrà un ritorno di sentimento. Che però creerà ulteriori scompigli familiari: invidie, gelosie, rancori...».

Ancora una volta lei dirige una fiction tv. Il successo de Il Patriarca l'ha fatta sentire anche un bravo regista?

«Ha contribuito ad insegnarmi cos'è un regista. Da ogni film o serie tv che dirigo imparo qualcosa: ogni nuova esperienza mi aiuta a farmi crescere. E poi ho attorno a me tanti collaboratori che m'impediscono di montarmi la testa. Un buon regista deve avere anche l'umiltà di ascoltare gli altri».

Un talento innato d'attore, il suo, mai educato ad alcuna scuola di recitazione. Dopo quarant'anni e passa di carriera ha mai rimpianto di non averne frequentata alcuna?

«L'unico diploma che rimpiango di non possedere è quello liceale. Diciamo che sono stato fortunato: grazie ai miei genitori (Ferruccio Amendola e Rita Savagnone, attori e doppiatori storici, ndr) la recitazione io ce l'ho nel dna. E poi il primo comandamento d'ogni giovane attore, che ho imparato all'istante: occhi spalancati, orecchie dritte, bocca chiusa. Imparare il più possibile, imparare da tutti. E considerarsi fortunati, quando si ha l'occasione per farlo».

E quand'è stato che si è detto: «Ora finalmente sono un attore vero»?

«Quando Ettore Scola, sul set di Capitan Fracassa, mi dette una pacca sulla spalla. E sussurrò Bravo. Erano gli anni Novanta. E poi, dopo Mery per sempre e La scorta ho pensato: Ce semo. Sto mestiere è proprio il mio».

In alcune recenti interviste televisive lei ha confessato cose privatissime: trascorse dipendenze dalla droga, la sua assenza di padre verso sua figlia, la separazione da Francesca Neri...

«È il pedaggio che bisogna pagare alla popolarità. Ma io lo pago. Ne vale comunque la pena. Sei popolare e quindi non puoi girare in pace dentro un centro commerciale? Pazienza: c'è di peggio. Molto dipende anche dal giornalista che ti sta intervistando: se si crea un rapporto confidenziale, leale, puoi anche condividere con lui quello che, con altri, invece nasconderesti. In certi casi, poi, io mi racconto anche perché la mia esperienza sia utile ad altri. Col mio coming out sulla droga, ad esempio, spero di aver aperto gli occhi a più di qualcuno».

Altra cosa i suoi rapporti col gossip vero e proprio, immagino.

«Ah, ma dal gossip ci si può difendere benissimo! Basta non esporsi a vanvera, non frequentare certi posti assieme a certe persone. Io e Francesca siamo stati assieme venticinque anni. Beh: mai, neppure una volta, è uscito un articolo su di noi senza che noi lo volessimo. Certe cose, se non te le cerchi, non ti capitano».

Grande emozione ha sollevato l'annuncio del suo ritorno, a vent'anni dalla prima stagione e a dieci dall'ultima, in un suo must: I Cesaroni.

«Ma il più emozionato a quest'annuncio sono stato proprio io. Il 24 febbraio batteremo il primo ciak. Certo: un successo del passato non sempre è garanzia per quello futuro...

Dieci anni fa era un altro mondo, un'altra tv: quei numeri ormai non esistono più. E la responsabilità verso gli innumerevoli fan della serie storica è grande. Ma si tratta di una sfida. E le sfide sono sempre eccitanti. Anche alla mia età».

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