Sesto alla guida del fronte del no «Milano si tenga i suoi nomadi»

Il diessino Oldrini: «Ne abbiamo già troppi». Ed è polemica con gli altri sindaci di sinistra

È soprannominato il «sindaco cubano», e come l’isola governata da Fidel Castro, Giorgio Oldrini, primo cittadino di Sesto San Giovanni, ha «chiuso tutte le frontiere» della città. «Nessun campo nomadi nell’ex Stalingrado d’Italia», ha detto il primo cittadino e lapidario ha anche aggiunto: «Milano si tenga i suoi nomadi. A Sesto ne abbiamo già abbastanza».
Con uno spirito distante dall’evento al quale ha partecipato - la firma del Progetto strategico e del piano d’Area del Nord Milano, attraverso il quale sette comuni della cintura hanno deciso di unirsi per trovare insieme delle strategie in materia di sanità, viabilità e verde - il diessino non ha lasciato spazio ad alcun dialogo o possibilità di intesa. Mossi dalla convinzione che l’unione fa la forza, i sindaci di Cinisello Balsamo, Sesto San Giovanni, Cusano Milanino, Cormano, Cologno Monzese, Bresso e Paderno Dugnano si sono infatti trovati ieri per firmare il protocollo d’intesa del progetto che dovrebbe vedere concretizzarsi «l’area del nord Milano». A sancire la debolezza del piano proprio la chiusura di alcuni primi cittadini e le opinioni inconciliabili sul tema sicurezza e campi nomadi.
L’altro sindaco «rosso» della zona, l’esponente di Rifondazione Angelo Zaninello, a capo della giunta di Cinisello, si è infatti detto «disponibile all’arrivo di un campo nomadi a patto che venga trovata un’area adeguata e la Regione finanzi l’intera operazione». A incrinare l’armonia tra i sette, pochi minuti dopo la firma, la secca risposta di Giorgio Oldrini. «Non possiamo stare sempre ai tempi di Milano - ha aggiunto -. Di nomadi ne abbiamo già tanti e non vogliamo quelli degli altri», come se si stesse trattando di oggetti sgraditi e non di persone.
Per il sindaco diessino di Cusano, Lino Volpato, invece semplicemente non c’è un’emergenza ma solo un problema umano dato «dall’esistenza di ghetti e tuguri». A rendere ancor più variegato il panorama delle posizioni dei sette, Mario Soldano, primo cittadino di Cologno che riconosce «la necessità che tutti contribuiscano nel risolvere il problema. Si potrebbe trovare uno spazio adeguato a patto che si garantisca la sicurezza dei cittadini e le necessarie condizioni igieniche». Giuseppe Manni, alla guida di Bresso, invece spiega solo che «non ci sono aree disponibili». A dividere i due sindaci «cubani», non solo l’emergenza nomadi ma anche il podio più alto riservato al comune leader tra i sette. Appena viene indicato Sesto come «comune forte», Angelo Zaninello ribatte che «siamo tutti sullo stesso piano perché abbiamo i medesimi obiettivi». Di certo non la stessa disponibilità ad accogliere i nomadi.
L’unione sembra quindi già incrinata. A instillare il dubbio sulla riuscita del progetto anche i precedenti.

Quattro dei sette comuni si erano già trovati a lavorare fianco a fianco all’interno della Multiservizi, una società che avrebbe dovuto farsi carico di erogare gas e corrente elettrica ai cittadini. Tre amministrazioni hanno però venduto le rispettive quote a Cinisello facendo di fatto naufragare l’intesa.

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