Sestri, la maledizione della discoteca: la morte, le fiamme e l’odore dei soldi

da Sestri Levante (Genova)

Una «maledizione». Ieri all'alba lo Schooner, la discoteca sulla diga foranea di Sestri Levante dove venerdì sera è morto il patron Tino Barbera, nel tentativo di trarre in salvo dalla violenta mareggiata l'attrezzatura del locale, è andata a fuoco. Ma non è stato un caso. Le fiamme sarebbero state appiccate, tanto che i carabinieri hanno fermato poco dopo due uomini, 25 e 30 anni, di Sestri, titolari di locali, «che non sono discoteche - si affretta a precisare Fabio Benincasa, comandante della locale compagnia dei carabinieri -. I due erano stati segnalati in passato per uso di sostanze stupefacenti e uno ha precedenti per spaccio. Testimonianze incrociate e indizi evidenti ci hanno condotto a loro». Tra gli errori che li hanno incastrati anche una latta di vernice grigia che avrebbero inavvertitamente rovesciato all'interno del locale mentre appiccavano il rogo, macchiandosi le scarpe e seminando impronte.
A dare l'allarme intorno alle 5 due turisti fermi sul molo. Vedono due persone che scappano. Che urlano frasi sconnesse e saltano su una Seicento bianca parcheggiata all'ingresso della banchina. Neanche il tempo di prendere velocità, un paio di curve, sbattono contro il marciapiede e forano. Mollano il mezzo e corrono. Un pescatore li incrocia al semaforo, ma l'urgenza è lo Schooner che brucia. Tempestivo l'intervento dei vigili del fuoco a scongiurare la tragedia. Perché sotto la discoteca c'è lo storico ristorante San Marco. Il titolare Roberto Famà è allertato dal sistema a raggi infrarossi di cui è dotato il locale: «Ricevo l'avviso sul cellulare alle 5 e penso a un furto, anche perché in porto erano saltate le luci». La corsa e le fiamme che gia vedono da lontano. «Arrivo con i vigili del fuoco che chiudono subito la valvola del gas. Questione di minuti e saremmo saltati per aria». Un sopralluogo immediato e la scoperta sconcertante: «I pompieri hanno trovato la condotta del gas (appena rifatta), che corre lungo la tettoia del San Marco e quindi alla base dello Schooner, segata. Chi ha tagliato sapeva qual era il tubo giusto. Il fuoco aveva già bruciato l'interno dello Schooner, il calore ha spaccato i vetri e le fiamme erano già sulla condotta». L'incendio viene domato in tempi rapidi. Sul luogo l'ispettore Cocito dei vigili del fuoco di Genova che abbozza una dinamica: «Sono entrati rompendo il vetro della porticina. Secondo i rilievi non ci sono tracce di idrocarburi e acceleratori per il fuoco. Ma potrebbe essere stato usato del semplice alcol, che i nostri strumenti non sono in grado di rilevare. Comunque è evidente che qualcosa hanno sparso a terra per appiccare l'incendio».
Il tutto a ridosso della tragedia di venerdì, nel porto che da decenni divide la città, scatena polemiche fra chi lo vorrebbe rifare e chi si oppone, fa litigare politici e persone che lì hanno le loro attività. «Certo è una concomitanza strana con la disgrazia accaduta» è il commento di Cocito. Dai carabinieri qualche dettaglio: «I due prima avrebbero devastato il locale - precisa Benincasa - lanciando tavolini dalle finestre. Quindi sarebbero usciti per ritornare e appiccare il fuoco». La condotta del gas segata? «Forse è accaduto nella prima incursione. Hanno pensato di dare fuoco servendosi del gas, ma era impossibile, oltre che pericoloso, saturare un locale così aperto».
Un attentato che ha il colore del giallo. Ci sono collegamenti tra la morte di Barbera e la distruzione del suo locale?
I nipoti di Barbera, Pippo e Giuseppe, nonostante i timori sembrano disposti a resistere: «È un segnale forte. Noi andremo comunque avanti - si sfoga Giuseppe -. Mio zio voleva tirarmi dentro. Io sono cresciuto nei suoi locali, conosco la correttezza con cui lavorava. Mercoledì mi ha raccontato il progetto concertato con Umberto Smaila, mi diceva che ne avrebbe parlato tutta l'Italia.

E così è stato purtroppo, ma non come intendeva lui. Noi lo porteremo avanti e quanto è successo adesso ci dà una carica in più». L'operazione poteva dare fastidio a qualcuno? «Sicuramente più che l'interesse economico, c'era invidia per il ritorno d'immagine».

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