Una settimana per cambiare

Lippi deve aver capito che la formazione iniziale non è quella del prossi­mo futuro. Ha una settimana per riflettere e intervenire

Un pari non è la fine del mondo. Nem­meno del mondiale. Anzi.C’è di peg­gio, c’è anche di meglio ma chiedete a Fabio Capello come se la stia pas­sando e capirete che per Lippi la notte non sarà terribile. Pari senza gloria, squadra ge­nerosa ma con rara qualità e cervello, deficit di alcuni azzurri, Marchisio fra questi, guaio grosso il ko di Buffon e il gusto amaro di una partenza ad handicap. Riassunto: a che cosa serve il possesso palla? A chi non sa che cosa sia davvero il gioco del calcio. L’Italia ha gesti­to la partita e l’avversario per buona parte del primo tempo, ha fatto girare il pallone, ha dimostrato freschezza e reattività nei con­trasti ma non ha mai, dico mai tirato in porta. Il Paraguay si è limitato a giocare all’italiana, ben coperto in difesa con qualche ipotetica partenza. Poi, alla prima occasione ha appro­­fittato dello stato di agitazione di un paio di azzurri, Cannavaro che ha mancato lo stac­co e De Rossi che non ha provato a spostare con un’ancata l’avversario e, così, Alcaraz, uno che nel duemila e due aveva firmato per la Fiorentina prima del crac viola per poi svi­gnarsela altrove, ha svegliato i nostri sogni e smascherato i guai di Buffon presentatosi in tenuta da vecchia gloria, calzamaglia a pro­teggere il nervo sciatico dolorante.

Così vanno le cose del football, le chiac­chiere stanno a zero, se non hai polpa è diffi­cile giocare e vincere, se gli attaccanti non at­taccano perché non hanno palloni da gioca­re, se i centrocampisti sono più preoccupati di difendere che di andare alla conclusione, il lavoro si complica,i nervi si logorano,la fati­ca aumenta e l’avversario, anche se non irre­­sistibile, si illumina di immenso, praticando il football da repertorio,fastidioso,duro,pro­vocatore. Hai bisogno di un episodio, così è stato con il pari di De Rossi su gaffe del portie­re uruguagio, la confusione era totale, da en­trambe le parti, la pioggia aveva bagnato le idee di Lippi e di Martino, dentro Marchetti, dentro Camoranesi, dentro Di Natale, cam­bio di posizione di alcuni uomini, Pepe da destra a sinistra, Iaquinta da sinistra al cen­tro, un’altra Italia nei cognomi e nel disegno tattico ma la stesa Italia nella sostanza, più volontà che qualità, più ardore che materia grigia, con ovvio logorio di energie fisiche e nervose.

Alla fine è un punto, dopo novanta minuti di corsa a testa bassa, dopo una parti­ta che sembrava già una finale, per il pathos e il cuore oltre l’ostacolo, una frazione veleno­sa che poi

abbiamo riacciuffato. Si può fare meglio, si deve. Lippi deve aver capito che la formazione iniziale non è quella del prossi­mo futuro. Ha una settimana per riflettere e intervenire. Ha l’esperienza per farlo. Lo fa­rà.

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