Roma - Il governo fa, il parlamento distrugge. E il presidente del Consiglio? Non ha alcun potere. E' questo il disegno (molto semplificato ma efficace) dello scheletro del nostro sistema di potere. Un sistema che ancora oggi il premier Silvio Berlusconi è tornato a criticare duramente perché non permette a Palazzo Chigi di lavorare. "Quello che il presidente del Consiglio e il suo governo concepiscono come un focoso destriero purosangue - ha detto - quando esce dal Parlamento se va bene è un ippopotamo". Da qui la necessità di una seria riforma istituzionale.
Un premierato senza poteri Lo ha ripetuto più volte: la presidenza del Consiglio non ha alcun potere. "Quando leggo di alcuni ottimi editorialisti che ci rimproverano di non aver fatto le riforme mi viene una gran voglia di raccontare il perchè - ha spiegato Berlusconi - il nostro governo come tutti i governi precedenti è dentro quell'assetto istituzionale che i nostri padri costituenti giustamente pensosi sul non rendere possibile un regime dittatoriale, spartirono il potere fra il Presidente della Repubblica, il Parlamento e la Corte costituzionale". Insomma, al governo rimane soltanto il nome e la figura, l’immagine del potere. Basta dare un'occhiata al titolo terzo della nostra Costituzione per capirlo. I compiti del presidente del Consiglio? Dirigere la politica generale del governo e mantenere l'unità di indirizzo politico ed amministrativo promovendo e coordinando l'attività dei ministri. "Il premier non ha in Italia alcun potere, se non quello di redigere l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri - ha continuato il titolare di Palazzo Chigi - tutti i provvedimenti vanno alle Camere con iter che hanno tempi infiniti"
Riformare il Paese A questa stregua riformare il Paese. Senza contare lo zampino che ogni due per tre ci mette l'Unione europea con leggi che entrano in conflitto con quelle esistenti in Italia, ogni riforma diventa un calvario incredibile. Proprio per questo Berlusconi ha auspicato più volte un cambiamento dell’architettura istituzionale italiana che fa del presidente del Consiglio la quarta carica dello Stato. L’unico strumento in mano al governo per lavorare è, infatti, il decreto legge. Ma ogni qual volta che mette in atto questo diritto, il governo viene duramente (e ingiustamente) criticato dall'opposizione. "Da imprenditore invece avevo dei poteri - ha aggiunto il Cavaliere - potevo assumere e licenziare, anche se poi non ho mai licenziato nessuno". Lo sfogo di Berlusconi non arriva a caso. Ieri, infatti, una durissima lettera del capo dello Stato aveva criticato il governo per aver presentato un Milleproroghe troppo eterogeneo. Tuttavia, anche in questo caso, il testo del decreto approdato a Montecitorio dopo il via libera di Palazzo Madama è il frutto di un pesante intervento del parlamento che ne ha snaturato i contenuti. E qui ci sta tutta l'efficace metafora del Cav: il focoso destriero purosangue, se va bene, diventa un ippopotamo.
L'ultima parola al Quirinale La "strigliata" sul Milleproroghe è quindi la dimostrazione che neanche sui decreti il governo ha poi così tanto potere. "Non è nella disponibilità del governo fare decreti - ha quindi ricordato Berlusconi - ci vuole sempre la firma del capo dello Stato". Per uscire da questa impasse, dunque, il Cavaliere ha spiegato che l'unica via è la riforma istituzionale. Altrimenti "non c'è alcuna speranza". Solo una riforma istituzionale (come già previsto nel pacchetto della devolution) potrebbe ovviare questo sistema viziato. Prima che un testo diventi leggi, deve infatti avere il vaglio e l’approvazione del presidente della Repubblica, poi l'approvazione del parlamento. Con tempi lunghissimi e nei passaggi tra le due Camere il testo subisce molti, troppi cambiamenti. "Vorrei che tutti foste consapevoli che se noi non facciamo le riforme istituzionali non c’è nessuna speranza", ha concluso Berlusconi confessando il "sogno" di potersi confrontare con un'opposizione socialdemocratica.
La riforma istituzionale Del rafforzamento dei poteri del capo del governo si parlava già negli anni Ottanta. Una volta insediatosi a Palazzo Chigi nel 1983, Bettino Craxi istituì il Consiglio di Gabinetto: un organo più snello rispetto al Consiglio dei ministri, per discutere e prendere decisioni da sottoporre poi al vaglio del Consiglio. Non solo. Per contrastare le "imboscate" in parlamento e gli effetti nefasti dei "franchi tiratori" (esponenti della maggioranza che votavano contro provvedimenti del governo stesso, facendoli così saltare) Craxi abolì il voto segreto nelle leggi di spesa come la Finanziaria. Sin da quando il Cavaliere ha iniziato ad avere a che fare con la macchina politica si è subito lamentato delle lungaggini e della difficoltà di ammodernare il Paese.
Nonostante tutto il governo è riuscito ad andare avanti "ristrutturando" alcuni settori cardine di questo sistema. Ora, però, Berlusconi chiede qualcosa di più. Una riforma istituzionale che dia maggiori poteri al presidente del Consiglio, così come già avviene in democrazie come la Germania e la Gran Bretagna.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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