Chiede a gran voce di essere trasformato al più presto in una commedia di Virzì, lultimo romanzo di Christian Frascella, La sfuriata di Bet (Einaudi, pagg. 207, 17 euro). Bet - al secolo Elisabetta Corvino - è una scontrosissima adolescente di Torino con problemi sparsi su tutti i piani dellesistenza. I genitori sono separati: il padre, molto amato, si è trasferito a Roma e quanto alla madre, amata un po meno, vive con il «fidanzato». A scuola non va meglio: Bet intrattiene pessime relazioni sia con il corpo docente sia con i compagni di classe, sui quali riversa volentieri la sua misantropia. Per tacere del rapporto, a dir poco problematico, con la sua femminilità: la ragazza sembra la rocca di Edimburgo e dunque niente corteggiatori, per favore. Scoprirà, il lettore, che le mille asperità caratteriali derivano da un episodio infantile: da bambina Bet ha causato involontariamente la morte della sorellina. Non è il massimo delloriginalità (accade qualcosa di simile nella Solitudine dei numeri primi) ma il trauma svolge egregiamente il suo ruolo narrativo di servizio.
A un certo punto il romanzo vira: le paturnie passano in secondo piano e il disagio personale diventa lo specchio di un disagio sociale, persino politico. Quando la madre annuncia che rischia il licenziamento, Bet si trasforma in una «pasionaria». Organizza lo sciopero, prende qualche manganellata dai celerini (le forze dellordine giocano la parte di feroci scagnozzi dei «padroni») e per finire, nel momento in cui la manifestazione fallisce, entra nella presidenza del suo liceo e si incatena a un termosifone. Atto di disobbedienza civile o comportamento da balordi? Ai posteri lardua sentenza, ma si dovrebbe almeno storcere il naso di fronte a un finale che più cinematografico e «ruffiano» non si può, con unamica di Bet incinta allultimo mese che rimane bloccata nell'ascensore e partorisce lì.
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