«O poca nostra nobiltà di sangue / se glorïar di te la gente fai / qua giù dove l'affetto nostro langue.../ Io vidi li Ughi e vidi i Catellini...Grand'era già la colonna del Vaio, Sacchetti...»
Non capita a molti, di avere antenati citati da Dante, per lo più nel Paradiso (XVI canto). Capitò al marchese Giulio Sacchetti, spentosi ieri l'altro dopo lunga malattia, discendente di una delle famiglie più blasonate della capitale.
La famiglia Sacchetti, fiorentina di parte guelfa, si trasferì presto a Roma dove, vicini al Soglio Pontificio, acqusirono il più grande palazzo di via Giulia, progettato dal Sangallo come propria dimora. Alla sua morte venne venduto dagli eredi al cardinal Ricci e poi ingrandito dall'architetto Nanni di Baccio Bigio. Nel '600 l'atto d'acquisto dei marchesi Sacchetti, che nel palazzo poterono ammirare «affreschi di grandissimi artisti barocchi come Filippo Salviati e Pietro da Cortona e di quadri e mobili antichi di raro pregio».
Il marchese Giulio Sacchetti per oltre trent'anni è stato al vertice dell'Amministrazione della Città del Vaticano , da quando Paolo VI, abolendo le cariche istituzionali e di cerimoniale ricoperte dalla storica Corte aristocratica, gli chiese di rimanere - unico laico - nella dirigenza amministrativa dello Stato. Fu così insediato nel Palazzo del Governatorato, con il titolo di delegato speciale della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e svolse un lavoro amministrativo per uno Stato che ha tutte le caratteristiche d'un Paese moderno: sotto il suo controllo, la Guardia Svizzera, la Guardia Palatina, l'emissione delle monete e dei francobolli, la gestione del personale,la conservazione degli immobili interni ed esterni alle mura, la gestione dell'Annona e di tutto ciò che serviva al Vaticano in quanto Città.
Il suo ruolo comportava un misto di oneri e di onori comprendenti anche l'accoglienza in veste formale dei capi di Stato stranieri, che venivano da lui accompagnati alla porta degli appartamenti del Papa, dove l'udienza avveniva in privato. Durante quei colloqui riservati, Giulio Sacchetti rimaneva ad intrattenere le consorti e gli accompagnatori degli augusti ospiti.
Ha firmato anche gli impegnativi contratti dei restauri della Cappella Sistina con gli sponsor giapponesi e seguito importanti lavori d'edilizia, fra i quali l'avvio del progetto di riedificazione di Santa Marta come albergo per i cardinali durante il Giubileo e residence durante il Conclave.
Quella del marchese Sacchetti è stata una carriera assolutamente unica, esterna ai temi politici e teologici, in rapporto diretto con il Papa (con Karol Wojtyla la lingua era ovviamente l'italiano) e alle dipendenze gerarchiche del cardinale segretario di Stato.
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