In Sicilia per il dopo Cuffaro sfida Miccichè-Finocchiaro

L’esponente pd votata alla sconfitta si candida per volere di Veltroni che le garantisce un posto in Senato

da Roma

Le notizie dell’ultim’ora danno con certezza che lo scontro elettorale siciliano avrà due nomi di serie A: Gianfranco Miccichè, presidente uscente dell’Assemblea regionale, per il centrodestra, e Anna Finocchiaro, capogruppo uscente dei senatori del Pd, per il centrosinistra. Una candidatura quella della Finocchiaro «quasi» imposta da Walter Veltroni che ha voluto dare un tono alto alle elezioni siciliane anche se numeri e passato danno per scontato che la partita la vincerà sempre il centrodestra. Forse per questo la Finocchiaro ha accettato, dopo un primo rifiuto, in cambio della candidatura paracadute al Senato, in programma una settimana prima delle regionali.
La Sicilia subirà infatti un vero e proprio ingorgo elettorale nei prossimi mesi. Colpa di «’na guantera di cannoli». Colpa di «stu’ blogg» di Miccichè. Colpa della «mania di vasari a tutti». Ma anche colpa di una magistratura che in tre anni di processo ha messo alle strette il presidente Totò Cuffaro, condannandolo a 5 anni per favoreggiamento di singoli mafiosi.
Fatto sta che, per la prima volta nella Regione a statuto autonomo più antico, i 90 deputati del Parlamento se ne sono dovuti andare a casa dopo neanche due anni di legislatura. E sono stati in molti tra i deputati a pensare che la colpa non fosse della magistratura, ma delle dichiarazioni di Miccichè che aveva criticato pesantemente nel suo blog e anche nelle sue esternazioni ufficiali il presidente Cuffaro che «festeggiava» la sua condanna a 5 anni ma senza il favoreggiamento a Cosa Nostra previsto dall’ormai noto articolo 7. Infatti nella famosa seduta delle dimissioni di Cuffaro alcuni deputati del centrodestra (molti dei quali ancora devono pagare le spese della vecchia campagna elettorale) hanno urlato di tutto e di non ripetibile in direzione del presidente Miccichè.
Acqua passata. Ormai in Sicilia si dà il via alla campagna elettorale più lunga e più densa di elezioni degli ultimi decenni: in corsa ben 30mila candidati. Si inizia subito con le Politiche fissate per il 13 e 14 aprile e si arriva sino al 23 giugno, quando dovranno svolgersi i ballottaggi in Comuni e Province. In mezzo, il 20 e 21 aprile avranno luogo le Regionali. Per le Politiche i posti da occupare al Parlamento nazionale sono 61, per le regionali sono 90, per le amministrative, infine, sono in gara 140 comuni tra cui Messina, Siracusa e probabilmente Catania (se il sindaco Umberto Scapagnini decide di candidarsi al Senato). Ciò significa almeno 2.100 poltroncine da occupare, mentre per le elezioni provinciali basta moltiplicare sette (tutte le province siciliane tranne Trapani, forse, e Ragusa) per una media di 40 consiglieri, e siamo a quota 280. Insomma a «concorso» sono messi almeno 2.531 posti, in 2 mesi. E si valuta che i concorrenti siano almeno 25mila. Insomma un candidato per ogni 170 elettori.
Il tatarellum prima e la nuova legge siciliana dell’agosto 2004 hanno determinato, per la prima volta nella storia della Regione siciliana, il collasso del governatore che trascina con sé tutti i consiglieri. Ma ha determinato soprattutto una sorta di premio di minoranza che garantisce quasi uno schema fisso tra maggioranza e opposizione. La legge stabilisce infatti che chi vince non può avere più di 54 deputati, gli altri 36 vanno all’opposizione. Per raggiungere il numero di 54 la maggioranza può ricorrere al cosiddetto listino del presidente. Cuffaro non ne ebbe bisogno perché aveva ottenuto il massimo con le sole liste (e questo creò non pochi problemi con i candidati del listino). Ma la cosa ovviamente più curiosa è che l’opposizione ottiene il 40% dei seggi anche con percentuale minima dei voti, basta superare il 5%. Una legge fatta per blindare l’assemblea regionale in una sorta di consociativismo stabile tra quella che è stata la vera maggioranza sino ad oggi, Udc ed Mpa, in prevalenza ex-democristiani, e Ds e Margherita, in prevalenza ex-Pci.
La decisione di buona parte di Forza Italia di pretendere la presidenza della Regione potrebbe trasformare il consociativismo in «patto per i siciliani», un elenco cioè di cose fondamentali da realizzare con l’accordo di tutti, come dice da giorni Gianfranco Miccichè, la cui candidatura è stata frenata anche all’interno del suo stesso partito. Ma alla fine Berlusconi dopo l’incontro notturno dello scorso mercoledì ha dato la sua benedizione.

E di fronte all’ufficializzazione della candidatura di Anna Finocchiaro come sua concorrente Miccichè ha ribadito: «Sono contento. La candidatura della senatrice Finocchiaro alza il tono dello scontro elettorale e se ne avvantaggia la Sicilia».

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