Quando gli raccontano di com e Adolfo Urso sia entrato quatto quatto in via dell’Umiltà, Berlusconi non trattiene un sorrisetto sarcastico. D’altra parte, all’ex finiano di ferro in visita al quartiere generale del Pdl mancano solo barba e baffi finti per evitare di essere immortalato da qualche curioso di passaggio mentre va a trattare con il nemico. E Urso è solo uno dei tanti delusi del Fli che in queste ore stanno bussando alla porta di Denis Verdini per verificare «convergenze possibili ed eventuali». Una di quelle poche notizie che riescono a risollevare decisamente l’umore del Cavaliere. Non solo perché la maggioranza è destinata ad allargarsi ancora (il premier in privato parla di «quota 332») ma anche perché la diaspora finiana certifica la clamorosa sconfitta politica e personale del presidente della Camera. E, ragiona Berlusconi con i suoi collaboratori dopo aver letto il j’accuse di Fini, «se preferisce nascondersi dietro un dito e illudersi che i suoi lo stiano abbandonando a causa del mio “potere finanziario” faccia pure».
Secondo il capo del governo, infatti, è «talmente chiaro» che le ragioni del fuggi fuggi sono politiche - vedi l’investitura del falco Italo Bocchino e lo strizzare l’occhio al Pd - che non vale neanche la pena replicare. Se non per dire, come fa lo stato maggiore del Pdl, che ormai Fini è andato oltre ogni misura. Perché, spiega il vicecapogruppo alla Camera Osvaldo Napoli, «non si cura più nemmeno di apparire terzo rispetto al ruolo che ricopre ». Tanto che il senatore Francesco Casoli torna a chiederne le dimissioni. Insomma, chiosa in privato il Cavaliere, è evidente che «dopo il botto che ha fatto» Fini «ha perso la testa». E siccome per il premier il presidente della Camera resta la principale sponda della magistratura politicizzata è chiaro che la decomposizione del Fli sia qualcosa di più di una buona notizia. Non l’ha avuta vinta lui e non l’avranno vinta neanche i suoi amici magistrati, è la sintesi del suo ragionamento.
Buone notizie seguite però dalla solita sequela di problemi legati al Rubygate. A iniziare dalla velina veicolata via agenzie dalla Corte costituzionale che fa sapere che un eventuale conflitto tra poteri sulla competenza del caso Ruby (tribunale di Milano o tribunale dei ministri) andrebbe sollevato in Cassazione perché davanti alla Consulta si rischia l’inammissibilità.Un «avvertimento », come lo interpretano a Palazzo Grazioli dove da giornisi sta studiando la via più efficace da seguire per sollevare il conflitto di attribuzione. Anche se l’avvocato e deputato del Pdl Paolo Sisto preferisce la prudenza perché «su questioni tecniche un sintomo non basta per stabilire una terapia». Di certo c’è che Berlusconi non è intenzionato ad arretrare di un passo. Tanto che pensa a una mobilitazione di massa per il 26 marzo. Una manifestazione da tenersi a Roma in piazza San Giovanni per aprire la campagna elettorale delle amministrative ma senza dimenticare di puntare il dito contro la magistratura politicizzata.
Senza trascurare, però, l’azione di governo. Il Cavaliere, infatti,è convinto sia arrivatoil momento di rilanciare l’attività dell’esecutivo perché, spiega ai suoi, «è il modo migliore per rispondere a quello che è un tentativo di golpe bianco » della procura di Milano. Così, già nel Consiglio dei ministri di oggi sono previsti un provvedimento sul nucleare (sulla localizzazione dei nuovi impianti) e l’istituzione della Conferenza della Repubblica che sostituirà la Conferenza unificata e la Stato-Regioni rendendo le decisioni più celeri. E fuori sacco potrebbe arrivare a sorpresa anche la riforma della giustizia. Sul punto, però, a Palazzo Grazioli si balla fino a tarda sera e il pacchetto giustizia potrebbe alla fine essere rinviato alla prossima settimana. Sulla via del rilancio lavora anche Tremonti che ieri mattina ha convocato in via Venti Settembre molti ministri di peso (Alfano, Gelmini, Romani, Fitto, Matteoli, Brunetta, Galan) per affrontare il nodo «crescita ».
Un vero e proprio gabinetto di guerra che qualcuno interpreta come un primo segnale se mai, nei prossimi mesi, le tensioni dovessero aumentare e Berlusconi decidesse di fare un passo indietro.Un’eventualità che il Cavaliere non considera neanche perché, è il suo ragionamento, sarebbe «un’ammissione di colpe che non ho». E perché un minuto dopo «i magistrati mi salterebbero addosso».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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