Sindrome di Stoccolma e tappeti rossi

Ennesima vittima della Sindrome di Stoccolma, Gianni Petrucci presidente del Coni non si accorge o, più probabilmente, fa finta di non accorgersi, che il centrosinistra sta coronando con lui un vecchio sogno: quello di mettere le mani sullo sport, incredibile strumento di popolarità e potere verso milioni di persone, di sinistra, di centro, di destra. Già lo sport ha questo di bello, per i politici. A costo zero (non a caso il ministero appena attivato è senza portafoglio) regala un’immensa popolarità. Pensateci, del presidente Pertini la gente (astenersi ragazzini e troppo giovani) che cosa ricorda oltre alla lotta di liberazione? Lui davanti al pozzo di Vermicino con la tragedia del povero Alfredino e lui al Santiago Bernabeu di Madrid che alza le braccia al cielo dopo la vittoria dei campionati del mondo del 1982, e ancora lui che gioca a scopone in aereo, al rientro della nazionale in Italia, con Bearzot, Zoff e Causio. Non a caso la ministra Giovanna Melandri, molto attenta a look e marketing, martedì si è fiondata a Coverciano per salutare e fare gli auguri agli azzurri in partenza per la Svizzera. Si farà ancora vedere, è certo, da qui ai mondiali in Germania. E non sarà l’unica.
Ma torniamo a Petrucci, ringrazia il ministro, ringrazia il sottosegretario, ringrazia Rossi, ringrazia i magistrati. Non ringrazia l’usciere forse solo perché il ministero è talmente fresco che un usciere non ce l’ha. Di che cosa li ringrazia? I politici per la loro attenzione allo sport, i magistrati per aver portato allo scoperto le magagne (nascoste) del calcio, Rossi di tutto un po’, di esistere. E bravo Petrucci. Ma il presidente del Coni e il Coni a che che cosa servono? Non dovrebbero essere loro a garantire attenzione allo sport e vigilare che lo sport (usiamo parole di Petrucci) non scriva pagine bruttissime?
E lui Petrucci dov’era quando nel calcio a tanta, troppa gente, era venuto il callo dello scrittore a furia di scrivere queste pagine bruttissime? Mai visto niente, mai ascoltato niente ma, soprattutto, mai detto niente. In Italia lo sport, tutto il movimento sportivo, ha sempre cercato, e finora c’era riuscito, a tenersi distante dalla politica, a garantirsi un’autonomia gestionale assoluta grazie anche all’indipendenza economica assicurata dal totocalcio. Berlusconi e il suo governo questa autonomia non l’hanno mai messa in discussione; Prodi e i suoi non hanno fatto in tempo a entrare a Palazzo Chigi che hanno allungato le loro manone su via Allegri e ora puntano al Foro Italico dove invece di chiudere il portone ed erigere barricate stanno stendendo passatoie (rosse ça va sans dire) e tirato fuori le piante delle grandi occasioni. Più che uno spoil system sembra un arrembaggio corsaro.


Tutto finito? No, resta ancora la Lega calcio e vedrete che una volta che le società si saranno date nuove regole e avranno stabilito l’incompatibilità fra cariche societarie e incarichi in Lega spunterà il nome di Gianni Rivera, assessore (uscente) allo sport del Comune di Roma. Un nome sicuramento gradito. A chi? Indovinatelo voi.

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