La sintesi di Prodi: un programma di 600mila parole

Caro Paolo, come sai, da più parti ci si lamenta per la mancanza nell’Ulivo di un vero programma elettorale che non sarebbe possibile mettere insieme viste le troppe «anime» che ivi debbono necessariamente coabitare. Tuo tramite, suggerirei a Prodi, Fassino e soci, se interrogati al riguardo, di rispondere come fece a suo tempo il generale Eurico Gaspar Dutra: «Programma? Ma il programma è il Paese stesso! Tutto ciò che è stato fatto è nulla di fronte a ciò che dobbiamo fare. Così gigantesco è il compito che tracciare un qualsiasi programma è limitare l’azione, non capirne l’immensità!». Tra parentesi, a Dutra andò bene: fu eletto presidente del Brasile.


Giungi in ritardo, caro Mauro, ed è un vero peccato. Il tuo era infatti un suggerimento coi fiocchi e Romano Prodi ci si sarebbe gettato a pesce vuoi per cavarsi d’impaccio e vuoi per scaramanzia, visto che la superba trombonata consentì al generale Dutra di esser eletto e restare in carica per la bellezza (nel Brasile dei golpe) di cinque anni. Giungi in ritardo perché dopo «aver lavorato giorni e notti» - giorni e notti, ragazzi! - come ha voluto puntualizzare un Prodi consumato dalla sfacchinata, il programma è stato alfine partorito. Ed emette i suoi vagiti, dei quali ti riferirò più avanti. Dapprima mi preme riferirti che detto programma assomma a pagine 400. Aspetta, che te lo ridico: il programma elettorale dell’Unione o Ulivo o Pdd, Partito Democratico in Divenire, occupa 400 pagine. Occhio e croce 600mila parole. Vado con le citazioni? «La brevità è l’anima stessa della saggezza», Shakespeare, Amleto. «Quel che manca ai politici in saggezza, ve lo danno in prolissità nel dire», Montesquieu, Lettere. Quando il 3 settembre del ’39 Winston Churchill venne nominato Primo Lord dell’Ammiragliato, chiese a lord Beatty, comandante in capo della flotta, un rapporto sulla situazione della marina da guerra: mezzi, effettivi, munizionamento, approvvigionamento, dislocazione, punti deboli e punti forti. Lord Beatty assicurò che lo avrebbe avuto di lì a ventiquattrore. «Bene», fece Churchill, «ma badi che non voglio un trattato. Il rapporto deve occupare un solo foglio». Poi aggiunse: «Una sola facciata di un solo foglio». E vinse la guerra.
Ora non voglio paragonare Berlusconi a Churchill (come si fa? L’uno non tocca le sigarette ed è pressoché astemio, l’altro fumava come un turco e gli dava dentro col Cognac), ma il programma elettorale del Cavaliere, il celebre «contratto con gli italiani», stava, churchillianamente, tutto in una paginetta. Nella facciata di una paginetta. Per contenere quello del sor Prodi, 400 ce ne sono volute di paginette. Recto e verso. Che fa 800. E ora viene il bello, e ora viene il vagito. Uno dei settecentocinquantamila problemi che la sinistra intende risolvere e sistemare per sempre non appena al governo è snellire la macchina della burocrazia. Come? Semplificando.

E tanto per farla semplice, si legge nel programma che sarà creato un gruppo di lavoro «per la semplificazione e per la qualità della regolazione per il sostegno delle politiche della qualità della regolazione, con funzioni di elaborazione delle strategie e tecniche di semplificazione, di promozione e guida di progetti di semplificazione multisettoriali con monitoraggio degli effetti degli interventi». Chiaro, no?
Paolo Granzotto

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