Skiantos, il rock demenziale si fa esistenziale

Il rock declinato al demenziale l'hanno inventato loro. I bolognesi Skiantos. Gli autori di celeberrimi inni alternativi quali «Mi piaccion le sbarbine» o «Mamma sono un ribelle». «Attenzione: il demenziale è da intendersi come esercizio esistenziale che mette l'ironia, il surreale e, se vogliamo, anche la comicità al servizio della critica sociale. Solo così possiamo esporre concetti importanti con la leggerezza dell'umorismo. Un po' come fa Woody Allen, genio comico indiscusso e nostro punto di riferimento, che attua una forma di resistenza alle tragedie e alle fatiche della vita con la comicità», precisa Roberto «Freak» Antoni, 54 anni, lo scapigliato capobanda nonché co-fondatore, ma anche scrittore e maestro pensatore figlio del movimento del 1977. «Niente a che vedere - punzecchia - con quelli che hanno sempre fatto Elio e Le Storie Tese (storie tese, per altro, deriva da un dialogo contenuto nell'album degli Skiantos «MONOtono»). Hanno iniziato a suonare 15 anni dopo di noi e per di più il loro intendere il demenziale è l'esatto opposto del nostro. Noi abbiamo sempre cercato di evitare la goliardia e le barzellette da bar, mentre loro - per altro ottimi musicisti - con le battute facili hanno fatto successo».
Da 34 anni in pista, gli Skiantos suoneranno stasera al Live Club di Trezzo sull'Adda (ore 23, ingresso 10 euro) sulla scia del nuovo disco, il primo dopo cinque anni di silenzio. «Il titolo dell'album, "Dio ci deve delle spiegazioni", parla chiaro. Con queste nuove canzoni ci poniamo tutta una serie di domande esistenziali che non hanno risposta. Che senso ha vivere con gli esseri umani che si castigano e si complicano la vita reciprocamente e di continuo? Perché questo tempo limitato?», spiega Antoni. «Diciamola tutta: la vita può essere bella, ma il più delle volte è complicata, pesante, faticosa, stressante e piena di problemi che si moltiplicano come batteri di fronte ai quali non ci si può fare niente. Magari avessimo un libretto delle istruzioni, con tanto di spiegazioni esistenziali, ma invece non ne abbiamo e così dobbiamo arrangiarci con l'esperienza, errore e dopo errore». All'umano non resta che piangersi addosso. Oppure sdrammatizzare il tragico a suon di ironia. Ed è questa la via adottata dai bolognesi che, musicalmente parlando, da sempre si pongono a metà strada fra il cabaret e il teatro off, il trash, la canzonetta popolare e la provocazione tout court, il rock e il punk. A proposito di punk gli Skiantos non rinnegano le proprie radici: «Se si va oltre il nichilismo e a certi atteggiamenti autodistruttivi, il punk è stato molto utile e ha regalato una sana "smaliziatura" verso i tanti miti della società occidentale. Dirò di più: la critica feroce alla cultura occidentale e al capitalismo consumista rimane valida. Si cantava che non c'era futuro per i proletari e i sottoproletari. E in questa società chiusa, feroce e competitiva è ancora così», argomenta Antoni.

Che se la prende anche con certi storiografi revisionisti contemporanei: «È ora di farla finita di identificare il movimento studentesco del 1977 solo con gli anni di piombo e le P38. In quel periodo ci sono stati anche gli indiani metropolitani e un'infinità di giovani che si sono spesi nella creatività. Dal fumetto al teatro e alla musica».

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