LA SOCIETÀ DEI PASTICCIONI

Sarà perché l’ha spuntata con D’Alema e ha ottenuto la presidenza della Camera, ma ieri Fausto Bertinotti è andato giù duro, con notevole decisione. Prima ha preso il potere, e poi ha dettato la linea. «L’espressione riformatrice dell’Unione - ha detto Bertinotti - dovrà favorire l’individuazione di una nuova fisionomia di società da trasmettere al Paese». Poi, proseguendo, ha indicato in Lula e Chavez i due punti di riferimento per capacità di rinascita e di ricostruzione di un popolo.
Siamo lontani dalle fumisterie di tipo prodiano e anche dal pragmatismo togliattiano di D’Alema. Bertinotti indica un programma di cultura politica e di politica culturale con precisione e determinazione. Cosa vuol dire «l’individuazione di una nuova fisionomia di società da trasmettere al Paese»? Vuol dire, prima di tutto, costruire qualcosa che non c’è. E su questo Bertinotti ha ragione da vendere. Ad oggi, dopo una lunga campagna elettorale, non è dato agli italiani di sapere se oltre tutte le culture politiche che formano l’Unione ci sia qualche idea che le unisce. Quello che vorrebbe Prodi non esiste: l’Unione è solo la somma numerica di quei partiti. Non c’è anche una somma di contenuti ed è molto significativo che il primo a far emergere questo problema sia Bertinotti. Probabilmente fra tutti è quello che ha maggiore chiarezza su quale dovrebbe essere la cultura unificante dell’Unione stessa: sostanzialmente la sua.
Ma torniamo un attimo alla fisionomia di società da trasmettere al Paese. Noi siamo tra quelli che pensano che la fisionomia della società, se vogliamo dire del popolo, emerga spontaneamente dal Paese stesso e che, quindi, non gli vada trasmessa. A meno che questa fisionomia non sia quella che favorisce il massimo dell’espressione della libertà delle persone, delle famiglie, delle associazioni e delle imprese. Ciò che emerge dal libero esercizio di queste libertà è per noi l’unica fisionomia di società accettabile. In altri termini non riteniamo di dover formare la società e il popolo. Questo non dovrebbe essere il compito di nessuno se non del popolo stesso che può riuscirci molto bene da solo. Altra cosa sono le proposte politiche, le proposte di governo. Chi si candida al governo di un Paese deve fare proposte che poi siano fattibili cioè accettate dalla coalizione che lo sostiene. Questo l’Unione non ce l’ha.
Quanto ha detto Bertinotti ieri preoccupa perché indica un modo di concepire la politica che la storia ha superato: una visione della politica come capace di formare la società sia nel senso di costituirla, sia nel senso pedagogico di trasmetterle la visione giusta che dovrebbe avere di se stessa. Vorremmo infine far notare che il riferimento al presidente brasiliano Lula è un riferimento controverso. Però poco dopo l’insediamento Lula più che occuparsi di trasmettere un modello di società al Paese si è dovuto preoccupare di cominciare a frequentare quei luoghi che farebbero venire l’orticaria a Caruso (eletto nel partito di Bertinotti) tipo il Wto (Organizzazione mondiale del commercio) per far sì - giustamente - che il Brasile s’inserisca sempre di più, e a migliori condizioni, nel circuito del commercio internazionale. Cioè Lula per poter mantenere fede all’idea di rinascita suscitata nel popolo, che giustamente Bertinotti ricorda, ha dovuto in qualche modo andare oltre a se stesso, oltre le parole d’ordine che aveva pensato, detto e gridato per tutta la vita.


Ed esattamente questo è il problema di Prodi: la difficoltà di andare oltre alle parole d’ordine che i suoi alleati hanno detto durante tutta la campagna elettorale. Prima o poi, come è noto, i nodi vengono al pettine.

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