Racconto festivo per chi odia le feste: come non sopravvivere

Racconto festivo per chi odia le feste: come non sopravvivere
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Oh, le feste sono lunghissime, c’è a chi piacciono, c’è chi non le sopporta. Io sono tra i secondi. Il tempo non passa più. Anche perché non finiscono mai, e già evito parenti e cugini e persone non intime da decenni ma è se hai una famiglia è difficile evitare il minimo indispensabile, e quindi almeno mia mamma, e mia suocera, e la sorella di mia suocera, e in ogni caso assaggia questo panettone, «eh mai io sono a dieta», «e vabbè la cominci dopo mica ora», e certo così invece di dover dimagrire dieci chili dovrò perderne dieci. Tant’è che appena apri Instagram sono aumentati le pubblicità delle app per fare esercizi sulla sedia, dopo panettoni e cotechini e pastasciutte e torroni e spumantini e zuccheri a vagonate ci vorrà una sedia d’acciaio per reggerci. L’unico contento è il colesterolo, quello cattivo.

Se hai superato le abbuffate, i discorsi che ti entrano da un orecchio e ti escono dall’altro ma poi ti infilano un cannolo in bocca perché questo non puoi non assaggiarlo, c’è la tombola, il gioco più stupido del mondo. Stai lì a fissare le tue cartelle in attesa che escano i tuoi numeri, ambo, terno, quaterna, cinquina, tombola (io non le guardo neppure, mai una volta che abbia vinto, e anche se vincessi non varrebbe la noia). Per fortuna Steve Jobs ha inventato l’Iphone, solo che ti dicono «non distrarti», «non essere asociale!», come se per seguire quello che si dice e che si fa intorno ai tavoli natalizi mi servisse il cervello di Einstein. Io, poiché ho seguito la famiglia in campagna, sono anche senza Playstation, che sarebbe stata l’unica salvezza.

Un libro? Non riesci a leggerlo, ormai se leggi un libro ti parlano come se tu stessi guardando senza ragione un blocco di carta: vieni a parlare con noi, vieni a giocare. In compenso ho trovato un video del grande Jack Nicholson che cammina fuori casa sua e un giornalista gli chiede: «Ehi Jack, cosa vorresti per Natale?». Jack: «Che tu cadessi a terra morto stecchito all’istante». «Oh Jack, perché mi dici questo?». «Perché mi stai dando molto fastidio» Si fanno vive persone che non senti mai, per farti gli auguri (anche se non sei credente), «come vanno le feste?». Come vuoi che vadano. I miei amici intimi no, Zyo, Emilio, Shelly, Ago, loro mi scrivono: «stai sopravvivendo?», si preoccupano della mia salute mentale. Io rispetto gli altri, quelli che amano il Natale, ma vorrei anche una legge che istituisse delle vacanze dopo le feste per riprendersi dalle feste.

Credo che farebbero comodo anche a quelli che amano il Natale. E poi, e poi c’è capodanno. Anzi prima l’ultimo dell’anno, i preparativi per l’ultimo dell’anno, e poi l’ultimo dell’anno, e poi il primo dell’anno. E durante tutti i conoscenti che ti chiedono «cosa fai l’ultimo dell’anno?», e rispondo «sto solo con la mia famiglia, niente cenoni» (dipende come mi prendono, a volte rispondo solo «un cazzo!»), in parte vero, in parte no, perché pur essendo solo in quattro vuoi che non facciano un cenone per cinquanta? I cui avanzi ti durano fino a metà gennaio, in teoria, in pratica dopo tre giorni finiscono nella spazzatura, perché ti viene il vomito solo a vederli. Tuttavia credo che ci sia un momento triste per tutti, non solo per i misantropi, atei, antipatici come me. È quel conto alla rovescia davanti alla televisione.

È quel momento in cui da un anno si passa a un altro anno. È un momento preciso, appena parte il tappo e si versa lo champagne o lo spumante nei bicchieri e si urla di pazza gioia, accade subito dopo, lo leggi nelle facce, nelle espressioni, pochi minuti dopo la mezzanotte, forse perfino pochi secondi, quel risucchio nel cervello tipo un buco nero, quando ancora senti in lontananza i fuochi d’artificio (poi quando si farà mattina leggerai le notizie di chi a Sud ha perso una mano, un occhio, eccetera). È lì, subito dopo il climax della mezzanotte, che chiunque, per un momento, appare quel senso di vuoto, di nulla. È in quel momento che ci si rende conto che è tutto uguale, perché in fondo il tempo è un’invenzione, ce ne rendiamo conto solo per le persone che abbiamo amato e non ci sono più, per le persone che amiamo e invecchiano, per noi stessi che siamo sempre più vecchi.

È lì che ci si immagina degli extraterrestri di passaggio che vedono una specie animale di un pianeta tra miliardi di miliardi di pianeti festeggiare un altro giro intorno al Sole. Non ci prenderebbero per la specie più intelligente.

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