Il problema dei ragazzi coi social devono risolverlo i social. Pare questa la morale della legge australiana «all'avanguardia nel mondo» (gli australiani se lo dicono da soli, meglio: l'ha detto il primo ministro) la quale legge dovrebbe vietare l'uso di X, TikTok, Instagram e Facebook (si parla anche di Youtube) ai minori di 16 anni. La scorsa settimana gli Stati e i Territori australiani hanno dato il via libera e la norma dovrebbe essere approvata in via definitiva entro la prossima settimana, ma dovrebbe entrare in vigore tra un anno: questo, domanda, per preparare il terreno e i giovani alla novità? No, è perché non sanno come applicare la legge tecnicamente e praticamente: nel senso che si dà un anno alle varie piattaforme per affrontare il divieto e per affrontare i problemi di privacy legati alla verifica dell'età. In sintesi: da un lato sarebbe la prima legge al mondo di questo genere, dall'altra ci sono dubbi su come potrebbe funzionare e, non ultime, ci sono perplessità
sulla sua efficacia. Aggiungiamo un dubbio, tutto nostro, su un cinismo che de-responsabilizza in toto un qualsiasi ruolo dei genitori (che non possono opporsi in nessun modo alla legge) i quali si dà per scontato che uscirebbero perdenti da ogni tentativo, e che gli adolescenti aggirerebbero ogni accordo. Meglio, insomma, una legge di Stato: non si può guidare prima di una certa età e non si possono usare i social prima di un'altra, e, siccome non è il caso d'inventarsi una polizia del web, i controlli li inventino i colossi dei web. Può essere che abbiano ragione gli australiani, non sappiamo: come per l'immigrazione, al solito paiono piuttosto drastici. A fare una legge anti-social ci aveva provato anche la Francia l'anno scorso: un divieto per i ragazzi con meno di 15 anni che era sfociato in sperimentazioni subito aggirate soprattutto dai genitori, ragione per cui il governo ha detto che introdurrà un divieto formale a partire dall'anno venturo. In Italia si erano accodati Azione e Italia viva, che, nel giugno del 2023, presentarono una proposta per vietare l'accesso ai social per i minori di 13 anni; in quel caso
era previsto un meccanismo di certificazione dell'età che confermasse l'anagrafica dell'utente sulla piattaforma, con tanto di sanzioni anche salate: fino al 4 per cento del fatturato della società proprietaria del social. C'è infine lo snodo fondamentale, irrisolto, degli effettivi danni dei social sui ragazzi: fioccano ricerche di ogni tipo che registrano depressioni, crescita dei disturbi dell'alimentazione e del sonno, cyberbullismi, ogni malessere. Ma in che misura questi dipendano dai social nessuno può dirlo con certezza.
Non è neppure chiaro quanto siano i social a creare disagi mentali o se i ragazzi (e non solo loro) li usino più intensamente quando stanno male. Lo stesso governo australiano, che delegherà ai giganti del web la concretizzazione tecnica del divieto, dà un po' l'idea dell'impotenza della politica nei loro confronti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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