Al peggio non c’è mai fine. La religione woke ha contagiato ogni aspetto della società e l’ultima novità arriva direttamente dalla Gran Bretagna, una delle roccaforti della cultura del risveglio. Sul sito web della Pharmacists' Defence Association (PDA) è comparso un articolo firmato da Nav Bhogal, un membro della rete BAME (Black, Asian, and minority ethnic), che accende i riflettori sul linguaggio potenzialmente razzista. Un vademecum assurdo, dove semplici parole di uso comune vengono trasformate in potenziali accuse denigratorie.
Affermare che un paziente ha avuto un “blackout” quando è svenuto è razzista. Ma non solo. Termini come “black market” (“mercato nero”) e “black sheep” (“pecora nera”) devono essere vietati. Questi sono solo alcuni punti del bignamino woke messo a punto dal rappresentante delle minoranze. Intitolato “Affrontare le sfumature razziali nel linguaggio della farmacia”, il vademecum sostiene che certe parole sono “incorporate nel vocabolario professionale” dei farmacisti e hanno “associazioni con razza, dinamiche di potere e negatività” che “possono essere dannose”.
In altri termini, ci troviamo di fronte all’ennesimo caso controverso di guide linguistiche woke. Non si tratta ovviamente del primo caso, anzi, è l’ultimo di un lungo elenco di cui fanno parte la Croce Rossa britannica (ha messo in discussione l’uso di frasi tradizionali come “ladies and gentlemen” per non offendere i fluidi) e il servizio sanitario nazionale NHS (che ha sostituito il termine “mamme” con “birthing parents”, perché del resto anche gli uomini possono dare alla luce un bambino).
Non mancano le polemiche, fortunatamente.
Toby Young, fondatore della Free Speech Union, ha stroncato senza mezzi termini l’iniziativa: "Penalizzare i vecchi bianchi per aver usato un linguaggio razzialmente insensibile non migliora di un millimetro la vita dei poveri neri - riporta il Daily Express - È solo un segnale di virtue signalling". Come non condividere…- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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