Giorgio de Chirico (Volos, Grecia, 1888 Roma, 1978) è l'artista italiano del Novecento più celebre nel mondo.
Iniziatore e principale esponente della Pittura Metafisica, affermava che ogni cosa ha due aspetti: «uno corrente, quello che vediamo quasi sempre e che vedono gli uomini in generale, l'altro, lo spettrale o metafisico, che non possono vedere che rari individui, in momenti di chiaroveggenza e di astrazione metafisica». L'antico, e in qualche modo dogmatico, termine filosofico, aveva trovato nel filosofo-poeta Friedrich Nietzsche una nuova interpretazione, una ragione spirituale libera, che De Chirico fece propria sin dall'adolescenza: «un senso nuovo e vasto in una realtà più vasta», come spiegava il fratello Alberto Savinio. Metafisica non è dunque un'arte che guarda a ciò che è trascendente rispetto alla realtà e alla natura, ma a ciò che va oltre le loro apparenze più scontate e «grossolanamente patenti», cercando di penetrarne il mistero.
De Chirico non rinnega la tradizione, come i futuristi, ma a partire dalla serie degli Enigmi (1909-1913), esprime una nuova concezione della pittura, in cui la figurazione è solo apparentemente realistica. Rivolge la sua attenzione alle architetture classiche, accentuandone i caratteri di severa e spoglia essenzialità, componendole in prospettive distorte, immergendole in una dimensione di silenzio e mistero.
Le sue celebri Piazze d'Italia sono luoghi metafisici in cui il tempo è sospeso e lo spazio dilatato, segnato da lunghe ombre che si stagliano sui piani, in una luce intensa e immobile. I frammenti del passato si affiancano ai presagi del futuro: due orizzonti paralleli che, alla luce della teoria nietzschiana dell'eterno ritorno, si compongono in architetture dipinte che sembrano quinte teatrali. Visioni di città antiche si sovrappongono a scorci di città moderne viste e vissute da De Chirico (Volos, Atene, Monaco di Baviera, Firenze, Torino, Ferrara, Parigi, Venezia, Roma), creando luoghi in cui archi, portici, stazioni, torri, ciminiere, treni, statue, manichini, estraniati dal loro abituale contesto emergono con tutta la loro forza iconica, diventando enigmatici ed irreali.
Questi paesaggi metafisici sono riconoscibili nei nuovi episodi urbani del '900, come i progetti milanesi di Giovanni Muzio, e prendono corpo tra gli anni '20 e i primi anni '40 nella realtà delle nuove «città di fondazione». Città che, caratterizzate da una classicità assoluta, fuori del tempo, all'opposto di quelle dell'utopia futurista si ammantano di un'aura che evoca le dannunziane «città del silenzio». Eppure diventano scenari della vita contemporanea, in cui l'atmosfera sospesa produce un senso di continuo spaesamento. È in queste architetture che vengono sperimentati nuovi linguaggi pianificatori e progettuali, secondo un'impostazione fondata da un lato sulla cultura urbana delle città rinascimentali, dall'altro sugli stessi codici (figura/sfondo, piano pittorico/oggetto) impiegati nella pittura metafisica.
L'enigma racchiuso nelle tele di Giorgio de Chirico penetra così nella dimensione urbana reale: spazi vertiginosi, fughe di archi a tutto sesto, torri quadrate o a tronco di cono mozzo, muri romani, statue classiche, sembrano esplicite citazioni dalla pittura metafisica nel linguaggio di architetti che hanno compreso l'importanza delle intuizioni plastiche del pittore. Questi inseriscono spesso nei loro progetti il motivo dell'arco, assai caro a De Chirico, e su questo elemento fondano la grammatica di una nuova visività (ne è un eclatante esempio il Palazzo della Civiltà Italiana all'EUR), promuovendo il recupero di una oggettività sintatticamente rigorosa, e contrapponendo espressioni architettoniche asciutte ed essenziali agli stanchi epigonismi della Secessione e all'estenuato eclettismo umbertino.
Le suggestioni delle architetture dipinte dechirichiane prendono dunque corpo nella tridimensionalità degli edifici razionalisti, sembrano materializzarsi e farsi pietra nelle scenografie architettoniche delle città dell'Agro Pontino (Littoria, Sabaudia, Aprilia, Pomezia) e sarde (Carbonia, Arborea), negli edifici dell'EUR, a Roma, nei villaggi rurali edificati nelle colonie africane, o in un
piccolo gioiello metafisico come la cittadina di Tresigallo, sorta sulle sponde del Po di Volano, a metà strada tra Ferrara e le Valli di Comacchio, unica tra le città di fondazione ad essere stata dichiarata Città d'Arte.
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