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"Soldado", il carisma di Benicio Del Toro al servizio di Sollima

L'attore è protagonista dell'esordio oltreoceano del cineasta romano. Nato come sequel di "Sicario", "Soldado" è un film solido, realistico e tristemente contemporaneo.

 "Soldado", il carisma di Benicio Del Toro al servizio di Sollima

Girare "Soldado" significava misurarsi con la pesante eredità lasciata da Denis Villeneuve e dal suo "Sicario", bellissimo film uscito tre anni fa. Stefano Sollima, raccolta la sfida, è riuscito nell'intento di debuttare a Hollywood senza snaturare il proprio stile registico e confezionando un sequel che non sfigura a confronto con l'originale.
Dopo aver raccontato la guerra interna a un clan criminale in "Gomorra - La serie" e aver collegato la politica italiana alla malavita organizzata in "Suburra", Sollima esplora con "Soldado" un mondo di frontiera in cui l'illegalità si rigenera in declinazioni sempre diverse.
L'incipit del film descrive come i narcos messicani si dedichino a un nuovo business, quello del traffico di esseri umani lungo il confine con gli Stati Uniti. Tra i migranti clandestini si infiltrano alcuni terroristi islamici che danno luogo a una serie di attentati. La CIA affida a Matt Graver (Josh Brolin) l'incarico di trovare una soluzione e l'agente, a sua volta, si rivolge al misterioso Alejandro Gillick (Benicio Del Toro). Compito di quest'ultimo sarà rapire una ragazzina (Isabela Moner), figlia di un boss, e scatenare una guerra tra bande rivali.
"Soldado" è un action-thriller angosciante e brutale, ricco di momenti emotivamente intensi in cui i personaggi fanno scelte difficili e lottano per sopravvivere in situazioni a dir poco critiche. E' una sorta di western moderno in cui adrenalina e cinismo caratterizzano scene d'azione vivide e cariche di pathos.
Le musiche, dalle sonorità volutamente disturbate, amplificano il disagio di assistere a un susseguirsi infernale di tradimenti in cui non c'è traccia (o quasi) di moralità. Nessuna redenzione all'orizzonte, bensì una disumanità dilagante che abbraccia le gerarchie criminali così come quelle politiche.
Benicio Del Toro giganteggia, più carismatico che mai, e la giovanissima Isabela Moner è una vera rivelazione, mentre l'ottima scrittura di Taylor Sheridan (già sceneggiatore del precedente film) ha qualche sbavatura verso il finale, quando mette in scena una situazione poco plausibile.


Il debutto hollywoodiano di Sollima non racconta di vincitori o vinti, bensì di creature perse, dipingendo uno scenario diplomatico agghiacciante in cui, per mantenere l'equilibrio tra interessi diversi, si ricorre a qualsiasi mezzo, ivi compresi ricatto e tortura.
Un film crudo e realistico, in cui azione e spionaggio si sposano a un'estetica autoriale.

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