Spaccone, vanesio, millantatore, gloriosus nel senso di presuntuoso, il soldato Pirgopolinìce nome altisonante e borioso: «espugnatore di torri e città» è convinto che tutte le donne cadano ai suoi piedi e pretende che i servi scattino ai suoi ordini. Finirà schiacciato sotto la crepidula di una scaltra meretrix e umiliato dalla beffa di un furbissimo servus.
È da ventidue secoli che si narra la storia del soldato fanfarone di Plauto, che al liceo ci hanno insegnato essere stato uno schiavo liberato. E ora l'eterna commedia degli equivoci e degli inganni torna ancora una volta in scena, questa volta al Teatro greco di Siracusa. Pietre antiche e nuovi allestimenti.
Benvenuti alla triplice «prima» del Miles gloriosus diretto da Leo Muscato nella smagliante traduzione di Caterina Mordeglia. «Prima» perché quello di giovedì sera era il debutto (l'opera resta in cartellone fino al 29 giugno). «Prima» perché qui a Siracusa non era mai stata messa in scena in 110 anni di rappresentazioni classiche. E «prima» perché il cast - ecco la vera novità - è tutto al femminile.
Ci state dicendo che la guerra è una cosa troppo seria per essere lasciata in mano agli uomini?
Eccoci qui. Un coro-truppa giovanissimo di quaranta ragazze. Paola Minaccioni già imitatrice nel salotto di Serena Dandini, magnifica presenza nei film di Ferzan Özpetek e tantissimo teatro è l'irresistibile miles. Giulia Fiume sitcom, teatro e tv: Le indagini di Lolita Lobosco è la vera protagonista, il servo Palestrione, l'architetto delle beffe: è sempre in scena, recita quasi la metà del testo ed è incontenibile e infaticabile. Gloria Carovana è Filocomasio, la finta gemella, molto charmant; Deniz Özdogan, turca naturalizzata italiana, è la meravigliosa meretrix Acroteleuzio. E donne sono anche il parassita Artotrogo, il vecchio Periplectomeno, lo schiavo Sceledro, il giovane Pleusicle...
Ma uomo Ubi masculum, femina cessat è il regista: Leo Muscato, bravo a inventarsi una messa in scena femminile ma non femminista e a non rimanere irretito dalle sirene politicamente corrette. Scegliere una commedia che oggi diremmo misogina come quella di Plauto - anno 206 a.C. e decidere di non eliminare le battute più sessiste, ma di farle recitare alle donne, è un modo intelligente di disinnescare il tabù dell'indicibile. «La donna ha un'indole falsa, falsaria, falsificatrice, e inganni, lusinghe, trappole...». «Le farò la posta a quella giumenta, mentre se ne torna alla stalla dal pascolo». «Vuoi una donna bella? E magari anche intelligente?!». «Se c'è da compiere una perfidia, o da mettere su un imbroglio, a una donna viene una memoria prodigiosa, assoluta. Se invece deve agire con bontà e lealtà, allora imporvvisamente la perde». Ma alla fine il mondo trova il suo equilibrio. «Che brutte bestie, le donne», sospira il vecchio Periplectomeno, su una sedia a rotelle motorizzata. «Per forza, hanno a che fare con gli uomini», sentenzia la giovane prostituta Acroteleuzio con sandalo da schiava e subway dress color fucsia.
La fabula è nota. Il soldato fanfarone rapisce la bella cortigiana di cui è innamorato il giovane Pleusicle ma - vittima di una doppia beffa allestita da Palestrione, servo di due padroni - perde sia l'amante che la gloria. Finendo cornuto e fustigato.
Il girotondo di bugie e inganni che mette a nudo, attraverso la satira, i vizi più comuni degli uomini, è un topos. E il miles, come si dice in questi casi, un archetipo. Il soldato ridicolo nasce con Plauto e cresce nei secoli con l'arrogante guerriero Rodomonte del Boiardo e dell'Ariosto. Con Capitan Fracassa, soldato di ventura, fanfarone e millantatore. Con Capitan Spaventa e Capitan Matamoros, l'«uccisore di Mori», che millanta imprese mai compiute. Con il Falstaff, cavaliere gradasso e vanaglorioso, di Shakespeare. E poi col Cavalier Cartiglio, col romanesco Generale Mannaggia La Rocca, col Vantone di Pier Paolo Pasolini, col soldato Camillone e il colonnello Buttiglione di tanta commedia sexy all'italiana, fino commedia che rischia di finire in tragedia i Generali Vannacci dell'avanspettacolo della politica.
E così la commedia che Plauto scrisse in tempi di guerra la seconda contro Cartagine risorge in altri tempi di conflitti, i nostri. Efeso diventa un accampamento militare colorato e chiassoso, le porte della città sono mura di sacchetti di sabbia, le case tende ghepardate, le pareti comunicanti diventano tunnel sotterranei, l'agorà è la piazza d'armi. I soldati sono donne, le mimetiche non mimetizzano, le divise sono sgargianti, le spade fucili giocattolo, la gerarchia è sovvertita a comandare sono i servi, a soccombere i generali e la guerra alla fine è solo un gioco. Vince l'astuzia e a perdere è la società militaresca, gerarchica, patriarcale, sessista e misogina. Il tutto in quattro atti senza stacchi e un'ora e quaranta di rappresentazione in cui alla beffarda mobilità della trama corrisponde un fuoco di fila di dialoghi serrati, battute giuste al mento giusto che chiamano gli applausi a scena aperta, un palcoscenico continuamente attraversato da grandi manovre tra rancio, marce, presentat'arm e freudiani alza e ammaina bandiera... Il miles millanta parentele con Venere e con Marte. La vita dell'uomo (e della donna) è un'eterna, strenua battaglia con Eros.
E la bandiera dell'esercito porta persino l'imago di una scimmia, simbolo di lussuria e doppiezza...
Tra i momenti più alti del Miles di Siracusa: l'entrata in scena dell'eroe-sbruffone Pirgopolinice su un carro del trionfo trainato da una bicicletta. L'elenco delle imprese belliche del miles fornito dal parassita Artotrogo che è esemplato sul catalogo delle conquiste donnesche di Don Giovanni fatto dal servo Leporello (ma ovviamente è il contrario: sono Da Ponte e Mozart ad aver letto Plauto): «In Cilicia sono centocinquanta/ cento in Scitolatronia, si canta,/ e i Macedoni? Oltre sessanta!/ Trenta Sardi uccidesti tu al volo,/ tutti tu! E in un solo giorno! Uno solo!». «Il totale quanto fa?». «Settemila!».
E le musiche di Ernani Maletta, tutte originali, fra bande e marce militari, con l'aggiunta di Lady Marmalade con il ritornello «Voulez-vous coucher avec moi, ce soir?». Ed è il momento in cui le donne da cattive diventano perfide. E l'uomo da stupratore rischia d'essere evirato.Un incubo - per esorcizzare il quale serve una risata - che dura da duemila e duecento anni.
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