Ha perso la Francia. Ha perso la Spagna. Ha perso la Germania. L’Inghilterra non riesce a vincere nemmeno contro gli algerini. Che cosa vogliamo fare noi italiani? Adeguarci alla noia mortale di questa coppa del mondo? O, finalmente dare un colpo di vita alla classifica, alla cronaca, alla partita? Facile dirlo, facilissimo mettere giù le parole e comporre l’articolo. Molto più complicato passare dal pensiero all’azione, lo sa Del Bosque, lo sa Domenech, lo sa Capello, lo sa Loew e questi non sono mica personaggi di margine, avventurieri dell’ultima ora. Marcello Lippi è uomo di mare, conosce i venti, sa che oggi o mai più l’Italia, la sua Italia non può restare a riva, incerta nel da farsi. Le notizie che provengono dalle varie nazionali dovrebbero confortarci, nessuna ha giocato un buon calcio così come ha saputo proporre l’Italia nel debutto contro i paraguagi ma è anche vero che gli altri hanno messo assieme più occasioni, hanno tirato di più in porta e su questo dato statistico sicuramente ha riflettuto il commissario tecnico campione del mondo.
L’Italia deve prendere coraggio anche di sbagliare, se gli attaccanti non trovano la porta ci provino i centrocampisti o i difensori, il calciatore «universale» è un’immagine che riempie la bocca degli oratori e degli allenatori ma alla fine viene smentita dal tatticismo esasperato. In Germania, nel duemila e sei, la squadra azzurra andò avanti anche con i gol di Zambrotta e di Grosso, di Materazzi, così deve accadere in questo torneo così bloccato, sotto vuoto «spento», pieno di paure che legano le gambe di tutti i grandi, fatte rarissime eccezioni (Higuain si è sbloccato nella seconda partita, nella prima era un fantasma). La Nuova Zelanda è temibile come lo è stata l’Algeria per l’Inghilterra. Non sono serviti gli strilli di Capello a bordo campo, così come non possono bastare gli incitamenti di Lippi dalla panchina. È l’ora che i campioni del mondo dimostrino che se è vero che nel football non si viva di rendita e anche vero che non possiamo aver bruciato l’intero patrimonio in quattro anni.
Domenica venti giugno è una data come tante altre, possiamo renderla importante. In un senso solo, però.
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