di Benny Casadei Lucchi
Non è vero che ci sono stati sei vincitori diversi in sei Gran premi. Quella lista di nomi tristemente tutti stranieri è un errore in cui incorriamo puntualmente ogni due settimane. Macché Button che domina in Australia, macché Alonso che vince in Malesia, macché Rosberg che incanta in Cina, macché Vettel che si sveglia in Bahrein, macché Maldonado che stupisce in Spagna, macché Webber che ritorna qui a Montecarlo. No, non è vero che trattasi di record storico per la F1 perché mai era accaduto prima e il primato precedente risaliva al 1983, cinque centri equamente distribuiti tra fuoriclasse dellepoca, primato ovviamente eguagliato in Spagna poche settimane fa. Non è vero che siamo di fronte a questa incredibile varietà di offerte da podio zona gradino alto.
La lista dei nomi che sallunga è solo una distorsione statistica, un miraggio sportivo, è uninevitabile conseguenza dellimbarazzo grande che sta prendendo tutti noi della effe 1, limbarazzo di non voler ammettere che il campionato duemilaedodici ha un dominatore assoluto che al confronto gli Schumi depoca ferrarista e i Senna degli anni McLaren erano e saranno ricordati solo come principianti in materia. Perché lui è irraggiungibile, lui è il vincitore unico che sta monopolizzando lavvio di stagione, lui che ha 81 anni ed è più giovane di mille altri, lui mister Bernie Ecclestone che per una vita si è concentrato sul benessere di questo giocattolo worldwide e ora che il giocattolo è sanissimo ha deciso di inseguire laltro suo sogno, quello di uno show capace di stupire e mai dannoiare.
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