«Sotto lo stesso tetto con mio figlio prigionieri della follia»

«È terribile quando un figlio ti dice: “Mamma, se sono così è colpa tua...voglio morire...e voglio che muoia anche tu...». La mamma, questo figlio, lo ha già salvato otto volte dal suicidio. Racconta: «L’ultima volta sono entrato nella sua stanza, aveva ingoiato tante porcherie...l’ho trovato con la testa dentro un sacchetto di plastica e la corda stretta attorno al collo...è salvo per miracolo...». Ma lui ha giurato che ci «riproverà, portando via con sé chiunque tenterà di ostacolare i suoi piani».
Mamma Vincenza difende il suo Roberto, perchè lo ama, anzi lo adora: «Non è cattivo né violento, la colpa è delle “voci“ che sente, che vivono in lui, lo assillano, durante le interminabili giornate trascorse nella penombra della sua camera...».
Per lui sta combattendo da 25 anni, esattamente l’età di Roberto. Già, perché l’odissea del suo primogenito cominciò subito dopo la nascita, con una diagnosi terribile: xeroderma pigmentoso, un tumore della pelle devastante. In 25 anni Roberto ha subìto più di 100 interventi. Risultato: un volto devastato dalle piaghe.
«Un calvario durante il quale ho incontrato gente meravigliosa, ma anche persone insensibili e cattive...» si sfoga Vincenza Mazzeo che vive e lavora a Milano. Arriva al Giornale portando una cartella verde piena di documenti, foto, ritagli di giornali; decine di pagine, pagine di una vita: la vita di Roberto.
Vincenza, ha cominciato la «rassegna stampa» quando il figlio ne aveva appena due. Fu allora che i genitori di Roberto scoprirono che il loro bimbo stava male. Anche questo articolo finirà certo in quella stessa cartella verde sulla cui copertina c’è scritto «Ciao, piccolo...». Il «piccolo», oggi, è un uomo che si trova a combattere non solo con quella sua dannata malattia della pelle, ma anche contro un nuovo nemico: la follia, che sembra volerlo ghermire come un’aquila pronta a piombare dall’alto.
Il referto medico col timbro «Dipartimento salute mentale» dell’Ospedale Niguarda di Milano, è una lama che taglia l’anima: «Motivo del ricovero: episodio psicotico acuto, con ideazione persecutoria ed anomalie del comportamento. Ricoverato in regime di TSO (Trattamento sanitario obbligatorio ndr)». Traduzione: Roberto sta peggiorando anche da un punto di vista psicologico, sente le «voci» e il timore della mamma è che queste «voci» possano un giorno «ordinargli» di fare qualcosa di brutto, di molto brutto.
«Anche per questo chiedo l’aiuto di una clinica specializzata che possa prendersi in carico Roberto, per curarlo come merita, portandolo magari un giorno a potere aver un lavoro e una vita noremale», è l’appello di mamma Vincenza. Una donna straordinaria, Vincenza: con quello che ha passato, chiunque avrebbe gettato la spugna. Lei no, combattiva e - nonostante tutto - sempre con il sorriso sulle labbra: «Non posso mollare, ho un marito e altri due figli... Ma certo i problemi sono grandi...». Problemi economici (per Roberto la famiglia Mazzeo può contare solo su una pensione di invalidità di 200 euro al mese); problemi sanitari (nessuna struttura riesce a seguire in maniera continuativa la situazione, sempre più grave di Roberto); problemi relazionali (Roberto non ha amici ed è sempre costretto a vivere nella sua stanza in penombra perchè la luce aggrava la sua patologia).
«Eppure Roberto è riuscito a prendere un diploma - spiega Vincenza -. I vetri della sua scuola erano sempre oscurati. Lo chiamavano il “bambino-pipistrello“, perché proprio come i pistrelli Roberto non può stare alla luce. Ha trovato compagni e insegnanti stupendi, ma anche docenti insensibili e ragazzi che lo prendevano in giro. Stessa cosa nelle decine di ospedali in cui Roberto è stato ricoverato: a volte si è imbattutto in medici e infermieri eccezionali, altre volte in sanitari privi di qualsiasi sensibilità umana e professionale. Per non parlare dei politici, quante promesse fatte e non mantenute...». Ma anche bei ricordi: «L’avvocato Agnelli che ogni Natale regalava a Roberto dei trenini...».
Lui, Roberto, non molla. Nella sua testa si rincorrono sempre più «voci». Ci sono le voci «buone» che assumono il tono dei suoi adorati giocatori del Milan («Ha gli autografi di tutti i campioni rossoneri, compreso quello del presidente Berlusconi», tiene a sottolineare la mamma); e ci sono le voci «cattive» che lo spingoni sull’orlo del baratro. Tecnicamente queste «voci» gli psichiatri le chiamano «disperecezioni uditive». «Per calmarlo, d’accordo con lo psichiatra, facciamo fumare a Roberto qualche spinello», confessa Vincenza. Che sa però come questa non possa rappresentare una soluzione. Intanto Roberto scrive al nonno Giovanni: «Eccomi qua...

devi scusarmi per il ritardo, ma ai primi di gennaio sono stato operato. Hanno tolto le punte al naso, hanno tagliato da tutte le parti. Sembro un mostro! Vorrei raccontarti cose belle, ma con me non c’è molto da scegliere...». Auguri, Roberto.

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