Sanremo - Sì però. Certo la finale è garantita a tutti, è la formula Fazio. Nessuna eliminazione, niente ghigliottina. Ciascun cantante in gara arriva al sabato con la speranza di vincere il Festival e la certezza di portare comunque a casa faccia e risultato purchessìa. Niente tragedie greche come quando l'eliminazione a metà settimana scatenava faide o j'accuse che al confronto Émile Zola era un moderato. E attenzione: nulla a che vedere con la scenetta che ieri sera ha interrotto (a base di Michelle, Happy e altre improvvisazioni in sala stile flash mob) la ritualità del Festival. Qui si parla di procedure ferree. Insomma dall'anno scorso il regolamento è stato modificato giusto per attutire le polemiche di chi doveva fare i bagagli anzitempo. Un passo avanti, ovvio. L'anno scorso, poi: era la novità e tutti a brindare. Cin cin. Però la strada dell'Ariston ha iniziato a lastricarsi di incompiute. Di brani pieni soltanto di speranze evaporate. Spesso a sorpresa. Spesso senza perché. Spieghiamoci: i Big hanno il bis. Due canzoni che, come ogni scarrafone, sono «belle a mamma soja». Però c'è un però. E lo comprende chiunque. Non sempre, dall'alambicco che distilla voto di sala stampa e pubblico, esce il verdetto che ciascun artista si attende. Crollano speranze. Cambiano programmi. In poche parole, può succedere che, come nel caso di Francesco Sarcina, rimanga in gara la canzone sulla quale si puntava tutto. Però capita che ad esempio Cristiano De André sia rimasto sorpreso dall'eliminazione di Invisibili, forse uno dei pezzi che meglio declina la sua sensibilità e la sua sofferenza. Difatti al cospetto di Fazio ieri sera ha detto: «Sono molto legato anche al Cielo è vuoto, che è stato salvato». Sottinteso: ma se fosse passato l'altro sarei stato più contento. Va bene, è una gara e durante una gara capita di tutto. Ma ci sono casi eclatanti. Ad esempio Renzo Rubino. Lui sì che è rimasto spiazzato dal verdetto. Per carità, sono deduzioni perché nessun cantante protesterebbe neanche sotto tortura. Però lui, che l'anno scorso ha vinto il premio della Critica, è stato forse uno dei pochi nella storia del Festival a essere applaudito a scena aperta durante l'esecuzione di un brano poi eliminato in tempo reale (va in finale con Ora e non con Per sempre e poi basta). Ieri sera, lui candido come sempre, non si è trattenuto: «Ora mi affatica un tantino di più». Come a dire: speravo passasse l'altro. Più chiaro di così. Anche il direttore di Raiuno, Giancarlo Leone, dietro le quinte scherzosamente ha mostrato di esser sorpreso dal verdetto. E se Palma è contentissimo del verdetto e Renga non può che congratularsi con tutti perché Vivendo adesso ha davvero tutte le carte in regola per la vittoria, qualche dubbio potrebbe venire a Ron. Il suo nuovo album si intitola Un abbraccio unico proprio come il brano che l'altra sera è stato cancellato dalla scaletta. Gli resta Sing in the rain, che ha un hook radiofonico molto più forte e un testo del quale Lucio Dalla, da lassù, non può che congratularsi. Ma forse non era il brano sul quale si concentravano le speranze di quello che è il principe di questa edizione, per classe, autorevolezza ed esperienza. Perciò molti si chiedono se questa formula, che ha le migliori intenzioni, avrà un futuro. Nel frattempo, quasi tutte le case discografiche (Warner e Universal in testa) continuano imperterrite a promuovere entrambi i brani in gara. Un po' perché, anche se eliminati, possono ricevere il premio della critica.
E un po' perché i casi come Con te partirò di Bocelli dimostrano che la sentenza secca del Festival non sempre è attendibile. Il superclassico di Bocelli all'Ariston arrivò quarto. Ma poi si è trasformato nel più grande successo festivaliero nel mondo dai tempi di Volare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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