Bardem, un Oscar anche al carattere

L'attore scatenato contro i social e il film "Prosciutto Prosciutto": "Boiata"

Bardem, un Oscar anche al carattere

Cannes. Un uomo non è la somma dei suoi followers. Né dei like ricevuti. Nella società dell'immagine Javier Bardem occupa un posto a parte, quello di chi non si occupa dei social e considera Instagram e Tik Tok, partner del Festival di Cannes, la periferia della vita. «Ai miei figli raccomando un buon libro anche se sono consapevole che non essere attivi su Internet significa non esistere. Meglio farne un uso dosato, promuovere i frutti della propria creatività non uno specchio di vanità o egocentrismo».

Ha una passione, anche lei sfrattata dalla Rete. Il disegno. «Mi interessano i volti, gli atteggiamenti, le espressioni dei visi. I palazzi e i panorami li lascio all'ambiente e alla natura. Guardo la gente e questo maledetto Covid che ha imposto mascherine mi ha tolto la gioia di decifrare lineamenti per metà coperti». Il disegno è uno strumento professionale. La nascita di un personaggio, per Javier Bardem avviene lì. Su un foglio di carta. Uno schizzo per immaginare come potrebbe essere Anton Cigurh, il cattivo che gli valse l'Oscar per Non è un paese per vecchi.

Javier Bardem è figlio d'arte, nipote d'arte e marito d'arte. Carne tremula di Pedro Almodóvar lo ha visto nel cast con mamma e futura moglie. «È un genio, una persona sensibile e raffinata. Però il mio matrimonio lo devo a Bigas Luna. Con Penelope ci siamo incontrati sul set di Prosciutto prosciutto e, da allora, di film insieme ne abbiamo girati tanti».

Era il '97. L'esordio di lei, il quarto film di lui. «Il mio lavoro è fatto così... Capita di girare un capolavoro ma anche una boiata come Prosciutto prosciutto. È piaciuto solo a mia mamma».

Un debutto casuale poi una carriera diretto dai più grandi. «Ho esordito per caso. Le età di Lulù doveva girarlo mia sorella. Io l'avevo accompagnata al provino e, nell'attesa mi sono seduto in platea. Il regista - ancora Bigas Luna - mi ha visto, mi ha fatto togliere la maglietta e ha preso me. Ero perfetto. Ero un pezzo di carne. Tutto qui».

Poi sono arrivati i più grandi. Woody Allen, ad esempio. «Timidissimo. Bastava chiedergli qualcosa per metterlo in imbarazzo. E allora spuntava il clarinetto...». O Julian Schnabel, rimasto un amico. «È un pittore. Parla con i colori. Schizzi su una tela, questo è Julian. Dall'arte alla settima. Arte». E Farhadi. «Ridacchia spesso e guarda il mondo dalla macchina da presa». Bardem è chiaro. Un ruolo da regista non è nei suoi orizzonti. «Chi dirige guarda le cose da lontano, io preferisco stare in medias res».

Fino al regalo che non si aspetta.

Una maglietta per l'Ucraina da una stilista che è riuscita a intrufolarsi in platea. Miglior testimonial forse non esiste. «Basta un attimo per uccidere o essere uccisi - replica lui, quasi commosso -. L'umanità continua a fare errori. Non vuol capire che vivere non è sparare».

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