«I libri in fiamme non illuminano le tenebre», scriveva W.H. Auden, poeta fra i prediletti da Anthony Burgess, autore di Arancia meccanica, che fin dai banchi di scuola alzò la voce contro i pericoli, e l'inutilità, della censura nelle lettere e nelle arti. Se oggi, mentre a Londra si celebra il cinquantenario dell'abolizione della censura nel teatro, a molti può apparire un fenomeno storico, Burgess, nato a Manchester nel 1917, visse la censura in prima persona per oltre cinquant'anni, quando in Inghilterra autori come Daniel Defoe, D.H. Lawrence, Joyce e Sartre erano all'indice mentre nelle librerie la polizia requisiva i fascicoli di Aubrey Beardsley e nelle gallerie d'arte detective in borghese andavano a caccia di opere «oscene».
Solo gradualmente abolita a partire dagli anni Sessanta, quando Lolita di Nabokov fu dato alle stampe, ma persisteva l'ostilità per l'avanguardia americana come William Burroughs, del quale Burgess ammirava la sperimentalità che in parte avrebbe ricalcato nel suo Enderby Outside, la censura fu sempre per lo scrittore una spina nel fianco. Associando fin da giovane il modernismo letterario alla novità, spesso definita «oscena» dall'ortodossia prevalente, elaborò e oppose per sempre alcuni principî: importante funzione della letteratura era l'essere sovversiva e l'immaginazione degli scrittori doveva essere difesa. Anche una grande opera letteraria può diventare uno strumento pornografico, se la mente di chi legge è corrotta, scriveva in un articolo su pornografia e letteratura, proibire il marchese De Sade significava dover proibire anche la Bibbia.
Quando alla fine del 1968 per ragioni fiscali - che all'epoca in Inghilterra coinvolgevano gli autori di successo - lo scrittore si trasferì a vivere con la moglie italiana nell'isola di Malta portando con sé la sua vasta biblioteca, il demone della censura non cessò di perseguitarlo. Le autorità della Valletta trattennero e mai restituirono una cinquantina di libri giudicati di «contenuto osceno», fra cui romanzi di Kingsley Amis, Angela Carter, Leslie Thomas, Joe Orton, La monaca di Monza di Mario Mazzucchelli e naturalmente L'amante di Lady Chatterley di D.H. Lawrence. Inoltre scoprì che erano stati messi all'indice alcuni suoi libri, fra cui il thriller del 1966 Tremor of Intent. An Eschatological Spy Novel. Rabbia e amarezza lo persuasero, con il sostegno della Malta Library Association, a sfoderare la sua brillante eloquenza da conservatore libertario quale si riteneva, per dimostrare che oscenità e pornografia dovevano essere giudicate secondo il merito letterario. Tenne la conferenza sull'oscenità nelle arti alla Royal University of Malta il 10 giugno 1970, davanti a un migliaio di persone, in gran parte del clero cattolico. Le polemiche furono immediate.
Pubblicata in volume per la prima volta da una casa editrice indipendente di Manchester, Obscenity and the Arts (Pariah Press, pagg. 180, sterline 10,99, nelle librerie da settembre) riapre la ferita del turbolento soggiorno maltese dello scrittore che doveva concludersi con la casa confiscata e l'abbandono dell'isola. Pubblicato con gli auspici della Fondazione Anthony Burgess di Manchester, il volume, corredato da materiale inedito (fotografie scattate dall'autore, il breve spartito musicale Feuerwerk per pianoforte (1969) e saggi del suo biografo Andrew Biswell con un contrappunto di Germaine Greer), è un inedito di una storia di mezzo secolo fa che non ha perduto la sua attualità, come spiega l'editore Jonny Walsh: in un'epoca di sopraffazione tecnologica ci ricorda la fragilità delle nostre libertà, e l'importanza di continuare a difenderle.
Incentrata su letteratura, oscenità e pornografia, la conferenza, fitta di citazioni e riferimenti, prende le mosse dalle pagine del Ritratto dell'artista da giovane (Dedalus) di Joyce, lo scrittore con cui Burgess non smise mai di misurarsi. Sulla libertà di espressione ricorda l'Areopagitica di John Milton, per il quale distruggere un buon libro equivaleva a distruggere la ragione. Si dilunga su Swift e sul contenuto osceno dei Viaggi di Gulliver che, nonostante le riserve, il dottor Johnson non ritenne mai di condannare all'indice. Lo stesso vale per Shakespaeare, il cui Tito Andronico è una tragedia di stupri e assassinii. O per le illustrazioni dell'Antico Testamento che infiammano l'immaginazione. Non ci sono limiti, osserva Burgess: se condanniamo il sensazionalismo nella letteratura, vietiamo molto del suo valore. Oggi invece, proseguiva, ogni contenuto osceno condanna il libro alle fiamme.
Come ricorda nel suo testo, che sembra spesso improvvisato, per quanto brillante, Burgess divideva l'arte, benché pensasse innanzitutto alla scrittura, in tre categorie: estetica, didattica e pornografica. Considerava pseudo arti la scrittura didattica e pornografica. La letteratura invece era puramente estetica, tesa con i suoi stratagemmi verbali a provocare piacere intellettuale o, in caso di tragedia, a produrre una catarsi. La letteratura non può mai essere «cinetica», riteneva Burgess, ma soltanto estetica, per cui «la pornografia non è pericolosa fino a che non corrompiamo il nostro gusto scambiandola per letteratura». È un gran peccato, sostiene, quando le opere di letteratura vengono confuse con i testi pornografici. Professando un approccio da buon tomista, riteneva che la condanna più valida della pornografia dovesse rientrare nella sfera estetica, più che in quella morale. Tutto questo ovviamente non doveva piacere.
Nel furore che seguì alla conferenza, pochissimi furono i sostenitori di Burgess - fra questi, il poeta Edward Ellul scrisse un articolo sul Malta News dal titolo «Burgess contro bigotti, puritani e pseudo patrioti» - ma grazie al loro intervento le autorità maltesi furono costrette a pubblicare sul Times of Malta un elenco di 275 libri sequestrati e distrutti nel 1969; libri sulla guerra in Vietnam, libri di James Bond di Ian Fleming, Desmond Morris, Gore Vidal, Alberto Moravia, Simone de Beauvoir, David Lodge. Ma gli attacchi ostili continuavano, e alle provocazioni Burgess rispose con il romanzo M/F, scritto proprio a Malta nel 1970 e pubblicato l'anno dopo (e oggi quasi ignorato, ricorda Andrew Biswell). L'unico romanzo che l'autore non rimpiangeva di aver scritto. Era una rivincita in codice, incentrata su una storia di omosessualità, stupri e incesti nell'isola immaginaria di Castita nei Caraibi in cui si parla castitano, come a Malta il maltese. Le reazioni si fecero sentire con violenza quando, al ritorno da un impegno universitario a New York, Burgess trovò la sua casa di Lija sbarrata, confiscata per decreto del governo in data marzo 1974. Vinse il complicato ricorso in appello, ma l'episodio segnò la fine della sua residenza nell'isola di Malta. Il ritratto che ne schizza nel romanzo Gli strumenti delle tenebre del 1980 è di generale disillusione, il suo ultimo addio.
Fino alla fine della sua vita Anthony Burgess non smise di scrivere sulla censura e la libertà di espressione. Non è escluso che oggi, ritiene l'editore, avrebbe trasferito l'attenzione sulla censura religiosa. Era stato un difensore di Salman Rushdie durante la fatwa per i suoi Versetti satanici, quando scrisse anche il poema satirico An Essay on Censorship, maturo distillato delle riflessioni contenute nella conferenza di Malta. Rimasto fino a oggi inedito, sarà incluso in una nuova edizione per la Carcanet Press dei suoi Collected Poems.
Sulla scia del centenario della nascita dello scrittore, caduto l'anno scorso, di Burgess è ora in libreria una selezione di scritti giornalistici: The Ink Trade: Selected Journalism 1961-1993 (a cura di Will Carr, Carcanet Press, pagg. 274, sterline 19,99).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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