Trento
Poi gli basta uno sguardo, giusto uno sguardo ai 120mila davanti a lui, e Vasco è subito Vasco. «Finalmente, finalmenteeee». E inizia l'XI Comandamento, una sventola rock tanto per capire che in questa piana tra i monti di Trento lo spirito è quello di sempre, due poli, da una parte il rocker, dall'altra i suoi fan che parlano la stessa lingua che non cambia nel tempo. Dopo oltre due anni senza concerti Vasco Rossi ha messo in piedi un palco dei suoi (ideato da Giò Forma), roba che viene il fiatone a percorrerlo tutto perché è largo 90 metri e profondo 26, praticamente un parcheggio. Per capirci il sistema audio arriva a 750mila watt e ci sono 20 torri di ritardo audio (Delay towers) per consentire all'oceano di persone di ascoltare tutte la stessa musica nello stesso istante. Solo per portare il necessario, gli autoarticolati coinvolti avrebbero potuto formare in autostrada una coda lunga tre chilometri.
«Finalmente, finalmenteeee».
A guardarlo bene sul palco, Vasco Rossi è uno schiaffo ai luoghi comuni. «Mai visto così in forma» aveva detto poco prima del concerto il promoter Roberto De Luca di Live Nation, che produce i suoi concerti da tanto tempo. In effetti.
Vasco ha 70 anni ma sul palco non li dimostra, la voce talvolta deraglia ma chissenefrega, questo è un saliscendi di emozioni e lui nel suo giubbotto di pelle nera girovaga tra la voglia di festa e l'invito alla consapevolezza. Ti prendo e ti porto via. Se ti potessi dire. Senza parole. «Benvenuti negli anni '80, quando si parlava in discoteca», aveva detto durante le prove generali dell'altra sera presentando Amore aiuto. D'accordo che viviamo proiettati nel futuro ma io vi canto un mio brano pressoché sconosciuto che non ho mai portato sul palco. E il pubblico ha impiegato un po' a riconoscerlo, mica è un superclassico come C'è chi dice no che qui è priva di tante belle sfumature perché è frontale, molto rock, forse troppo. Per scoprire il nuovo Vasco ci vuole La pioggia alla domenica, il brano con Marracash che il pubblico manda già a memoria: «Come la pioggia alla domenica, come un Natale che non nevica».
Poi ovvio c'è la band, anche questa un saliscendi. Molto più funk e corale nella prima parte e molto più rock fino alla fine con Vince Pastano e Stef Burns alla chitarra (quanto Alice Cooper nei suoi assoli) che svisano come se fossimo davvero tornati negli anni Novanta. Certo, poi il basso de Gli spari sopra mette a posto tutti. Un volume impressionante. E un boato del pubblico perché quei versi «Sorridete, gli spari sopra sono per noi» oggi bruciano davvero nella cronaca. Non a caso, prima di iniziare i bis con Sballi ravvicinati del terzo tipo, Vasco si prende un tappeto sonoro per ripetere, come aveva detto in prova, «fuck the war», vaffan... alla guerra, che è «contro i bambini, contro le donne, contro gli anziani». Un passo avanti ancora più globale, ma anche più generico, rispetto al «Fuck Putin» dei Maneskin che ha fatto il giro del mondo. Dopotutto a Vasco non piacciono le posizioni politiche sul palco, non ha mai cercato il linguaggio da slogan social (cui si era riferito prima di Tu ce l'hai con me) perché in fondo le sue parole sono state social prima dei network. Dopo Toffee (con Claudio Gallo Golinelli come ospite) e Sally, arrivano Siamo solo noi, Vita spericolata, Albachiara (introdotta da Canzone), che sono gli ultimi brani dei bis ma restano i primi veri hashtag degli anni Ottanta, quelli che identificano una generazione anche quattro decenni dopo. «Finalmente, finalmenteeee».
A parte un «interludio» di virtuosismi molto prog rock, Vasco rimane in scena per quasi due ore e mezza ed è questo, nella strapiena Trentino Music Arena
costruita a tempo di record, il suo biglietto da visita per gli altri 540mila spettatori che andranno a vederlo, dal 24 maggio a Milano fino al 30 giugno a Torino, per rendersi conto ancora una volta che Vasco resta senza età.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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