"Linciata perché di destra. Vi rivelo qual è la deriva che ci travolgerà..."

La Nazionale 'non inclusiva', Saman e il silenzio delle femministe, il ddl Zan, Letta e il “paternalismo dell’accoglienza”. Hoara Borselli mette in fila i paradossi del politicamente corretto e i punti di forza della destra in cui crede

"Linciata perché di destra. Vi rivelo qual è la deriva che ci travolgerà..."

Dichiaratamente di destra, attaccata, da sinistra, per le opinioni scomode. Nel mirino per il passato da showgirl, giudicato incompatibile con le attuali ambizioni giornalistiche. Hoara Borselli scomoda continua ad esserlo (scrive per il Secolo d’Italia ed è spesso presente come opinionista a Non è l’Arena e a Quarta Repubblica), dimostrando, anche a ilGiornale.it, di non temere i diktat del conformismo politicamente corretto. Perché la vera battaglia in favore delle donne è dimostrare che si può parlare di politica anche in minigonna.

L’Italia ha esordito agli Europei di calcio e ha vinto. Ma i francesi, ne ha scritto anche lei, ci contestano che non abbiamo giocatori di colore nella rosa. Si sta esagerando con il politicamente corretto?

“Non è che si stia esagerando si sta andando verso una deriva pericolosissima. Il politicamente corretto vuole riscrivere completamente i nostri usi e costumi, le nostre parole, il nostro modo di mangiare. Siamo al punto che addirittura la torta di mele viene definita razzista. Quello che mi preoccupa, ancora di più della deriva che stiamo prendendo, è la massa che ci va dietro. È un’onda che si autoalimenta e che ci vuole schiavi di un unico pensiero. Insomma, Orwell non è mai stato attuale come in questo periodo: abbiamo il neo-pensiero, la neo-lingua che ci impongono nuovi diktat da seguire. E questo è pericolosissimo”.

Poi, c’è anche il caso opposto: la Rai designa come co-conduttrice di Notti europee Danielle Madam, scelta secondo i social non per competenza in materia calcistica, ma per compiacere il politicamente corretto. Cosa pensa?

“Questa è la deriva pericolosa: qualunque scelta viene valutata da questo punto di vista È una sorta di discriminazione al contrario. Ora stiamo tutti più attenti a dover giudicare in base al colore della pelle e non in base alle competenze. Paradossalmente si realizza quello che i paladini del politicamente corretto contestano: il colore della pelle conta di più del merito”.

Dalle favole da riscrivere alla modella transgender Lea T, che accusa di discriminazione una trasmissione che invita anche Giorgia Meloni, a Rula Jebreal che ne boicotta un’altra in nome della parità di genere. È così che si difendono i diritti delle minoranze?

“Tutto ciò che è etichetta, distinzione per genere è tutto tranne che un concetto di inclusione, che tanto difendono e ci vogliono imporre i paladini dei diritti delle minoranze. Io sono rimasta molto contrariata quando si voleva introdurre delle lezioni gender nelle scuole. Ormai si sta sostituendo il concetto di rispetto della persona con il rispetto del genere e questo è sbagliato. Perché se tu hai un rispetto a 360° della persona non hai necessità di dover distinguere il genere. Se tu vuoi fare una distinzione è perché tu stesso ti senti diverso”.

Anche con il Ddl Zan si ha un po’ lo stesso cortocircuito?

“Il ddl Zan contiene una vera e propria deriva liberticida. Se tu esprimi qualche idea contraria, come per esempio che il sesso biologico sia una certezza e lo dici i rischi sono abbastanza importanti. Una limitazione della libertà di espressione per me che scrivo per un giornale e partecipo come opinionista a varie trasmissioni televisive. Io trovo che dietro il ddl Zan ci sia la più grande ipocrisia: la volontà di scrivere e imporre a tutti un pensiero unico. Non è in quel modo che si combattono le discriminazioni e le violenze. Questo si fa solo promuovendo una cultura del rispetto. Per cui nelle scuole più che fare educazione al gender, facciamo educazione civica e parliamo di quello. Insomma, abbiamo tolto l’educazione sessuale non vedo perché dobbiamo inserire l’educazione al genere”.

Sul caso Saman, lei ha contestato il silenzio delle sedicenti femministe. Perché?

“Noi siamo stati ammorbati per un mese su casi vari di catcalling che sicuramente sono atti di maleducazione. Per mesi titoli di giornali, televisioni e opinionisti per mesi non hanno parlato d’altro, fissandosi sull’importanza delle parole e crocifiggendo Pio e Amedeo perché hanno osato dissentire. Poi, però di fronte a una ragazza islamica barbaramente uccisa c’è la paura di usare la parola femminicidio. E anche le stesse sedicenti femministe che avevano difeso con forza queste battaglie in favore delle donne, quando si murano dietro un silenzio assordante, da una parte depotenziano la precedente lotta e dall’altra perdono totalmente credibilità”.

Anche lei è stata bersaglio del doppiopesismo delle paladine dei diritti delle donne. Come quando Selvaggia Lucarelli ha insinuato che i suoi trascorsi nel mondo dello spettacolo non le darebbero diritto a dire la sua in un talk di politica, applicando di fatto il classico pregiudizio maschilista “stai zitta che non capisci”. Cosa le risponderebbe?

“Io sono stata e sono tuttora bersaglio di questo doppiopesismo. Purtroppo penso che sia un pregiudizio ancora fortemente radicato con cui dovrò sempre convivere. Se tu non hai fatto un percorso precedente e in più hai la ‘sfortuna’ di essere una bella donna nell’immaginario collettivo le due cose non possono convivere col fatto che tu possa scrivere o parlare di politica. Mi viene persino contestato che sui miei profili social possa mettere delle foto che mettano in risalto la mia persona. Ma io credo che una donna sia tante cose: può scrivere di politica, può parlare di politica, ma può anche avere quell’atto di vanità da tirare fuori, perché altrimenti diventiamo tutti degli ipocriti che si nascondono dietro a delle maschere per compiacere gli altri. Per me la libertà assoluta della persona
è la vera battaglia a favore delle donne, non i decaloghi delle cose da non dire ad una donna che stilano le femministe. La donna non è un animaletto in via d’estinzione che non è in grado di proteggersi. Una minigonna o un pantaloncino corto non ti dequalificano. L’esaltazione della femminilità può andare di pari passo con le battaglie importanti. Si può parlare di politica in minigonna ed essere credibili. E dimostrarlo è la mia lotta quotidiana come donna”.

Lei viene presa di mira perché dice cose di destra?

“Questo sicuramente. Io sono stata linciata sui media la prima volta che ho aperto bocca. Lo sapevo a che cosa sarei andata incontro facendo parte di una minoranza di donne che si espongono. Ma io continuo a rivendicare con forza le mie posizioni, anche qualora significhi essere continuamente bersagliata. Io non mi fermo”.

Se fosse stata dall’altra parte la Lucarelli le avrebbe ‘perdonato’ il suo passato?

“Lei probabilmente pensava che io non fossi in grado di parlare di politica. Poi è chiaro che, stando su due posizioni politicamente antitetiche, il bersaglio più facile. So bene che tante volte mi sarebbe convenuto tacere, anche per il mio percorso artistico. Tanti mi dicono: ‘Prima o poi, dato che sei di destra, non ti daranno più neanche la possibilità di parlare in televisione’. Allora vorrà dire che continuerò a scrivere, che è quello che mi piace fare, continuando a portare avanti questa mia ideologia di destra, che mi riconosco e che con orgoglio continuo a sostenere”.

Su Saman però non le è piaciuta nemmeno la reazione della sinistra che ha definito l’uccisione della diciottenne un femminicidio, slegandola dal contesto religioso radicalizzato in cui è maturata. Perché si ha così paura ad associarla all’Islam?

“Per la sinistra è molto più facile cavalcare il paternalismo dell’’accoglienza piuttosto che provare a risolvere dei veri e propri problemi culturali. Da una parte c’è una totale incapacità di farlo e dall’altra una volontà, taciuta, di non volersi inimicare un bacino potenziale di elettori. Compiacere il mondo islamico per convenienza elettorale: è questa la spiegazione reale del silenzio della sinistra su Saman”.

Letta sostiene che lo ius soli sia una necessità. Ma se Saman fosse stata cittadina italiana, formalmente, si sarebbe salvata?

Ma assolutamente no!

Qual è la via per far sì che non ci siano altre Saman?

“Il caso Samantha ha dimostrato che c’è un vuoto politico in termini di integrazione rispetto a delle culture ormai radicate nel nostro Paese. E non serve avere una schiera di Saman per accorgersi del problema. Il problema sta alla base. Se noi accogliamo in maniera indiscriminata senza avere una politica reale di integrazione e lasciamo che queste situazioni di radicalismo, di fondamentalismo pullulino, beh questi sono i risultati. Quindi Letta, più che parlare di ius soli, pensasse a delle politiche concrete per gestire il problema! Così forse farebbe qualcosa di meglio per la comunità”.

La politica dell’accoglienza indiscriminata nei confronti degli immigrati all’estero è stata sconfessata anche dagli idoli della sinistra. Da Kamala Harris alla social-democratica Danimarca. Perché, invece, la sinistra italiana insiste con la linea dei porti aperti?

“All’estero si sono accorti che l’immigrazione è un’emergenza e che va assolutamente gestita. E non è la destra razzista e sovranista, ma la sinistra ad aver capito che è intollerabile accogliere in maniera indiscriminata. Noi in Italia siamo rimasti gli ultimi a crederci, rimanendo inchiodati a un immobilismo di comodo a una certa parte politica. Quell’atteggiamento paternalista del ‘siamo bravi, siamo buoni e accogliamo tutti’ della sinistra incentiva l’arrivo di migliaia di persone lasciate allo sbando che, abbandonate a loro stesse, andranno a potenziare tutti i vari fenomeni di criminalità organizzata e radicalismo. Sono realtà evidenti di cui nessuno parla e ce ne accorgiamo solo quando muore qualcuno. E tutto per propaganda politica. Alla sinistra conviene che arrivino più persone a cui venga data la cittadinanza per ingrossare il proprio bacino elettorale”.

E cosa bisognerebbe fare invece?

“Ci vuole una gestione controllata. Ma non si può dire perché si viene additati come razzisti che giudicano in base al colore della pelle e preferiscono vedere la gente annegare in mare piuttosto che accogliere. Mentre il controllo è qualcosa che va a beneficio di entrambi, nostro e di chi arriva nel nostro Paese”.

A proposito di politica, il governo Draghi era l’unica soluzione possibile o no?

“Personalmente avrei preferito poter andare alle elezioni. Scegliere legittimamente un governo attraverso il voto e quindi creare una maggioranza di intenti e non una maggioranza messa insieme per poter traghettarci fuori dalla crisi. Tolta la possibilità di votare, ovviamente non posso che essere favorevole a una persona autorevole e competente come Draghi. Ma lo sarei stata di più se fossimo andati a votare”.

Secondo lei Giorgia Meloni ha fatto bene a chiamarsi fuori?

"Io ho appoggiato la scelta di Salvini: Sicuramente una scelta scomoda che sapeva fin dall’inizio che lo avrebbe penalizzato e oggi lo vediamo. Una scelta scomoda, ma coraggiosa dettata dal meglio esserci che non esserci. La Meloni ha puntato più sul suo valore non negoziabile da sempre: la coerenza. Sono due scelte opposte, ma condivisibili entrambe. Io se avessi dovuto scegliere sarei entrata nel governo”.

Vedrebbe bene la Meloni come premier?

"Giorgia Meloni ha competenza, merito e carisma: ne sarebbe assolutamente in grado. Ha tutte le carte in regola per poterlo fare”.

Dicono che Salvini tema il sorpasso della leader di FdI. Lei cosa pensa?

“Salvini non la teme. Perché, come dice lui, sono pur sempre alleati. Io credo che Salvini si sia preso un rischio calcolato: poter perdere qualcosa a breve termine per poi magari alla lunga riallinearsi. Ha guardato all’onda lunga e non all’onda alta, insomma”.

E dell’idea di una nuova federazione di destra senza Meloni cosa ne pensa?

“Io penso che la forza dei partiti del centrodestra sia quello di essere complementari. Ma l’idea di una nuova federazione di destra senza Meloni potrebbe andare a dare adito alle voci di disaccordo interno che vorrebbero vedere la destra divisa. Credo che, anche per coerenza, dovrebbero rimanere ognuno con le proprie ideologie personali aldilà della convenienza di coalizione. Rimanere complementari ritengo sia la carta vincente del centrodestra”.

Lei ha dimostrato con le sue opinioni di non temere il politicamente corretto. Ha mai pensato di fare politica?

“No, non l’ho mai pensato perché a me piace parlare, raccontare, scrivere di politica. Poi ritengo che la politica la debba fare chi è veramente capace di farla. Di incompetenti, in politica, credo ce ne siano già abbastanza e non vorrei andare ad ingrossare le fila, ecco”.

Però le sarà arrivata qualche proposta?

“Velata, diciamo”.

Da chi non me lo dice?

“No, no (ride, ndr).

Sa, sono più le persone che me lo chiedono. Ma penso che sia giusto riconoscere i propri meriti e i propri limiti. Già mi sto portando dietro talmente tante ire così, figuriamoci se facessi anche politica. Quindi: assolutamente no grazie!”.

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