Binet a caccia della "bestia bionda"

Dall'ascesa alla fine del fedelissimo di Hitler e Himmler a Praga

Binet a caccia della "bestia bionda"

«Il boia di Praga», «il macellaio», «la bestia bionda»: soprannomi guadagnati sul campo da Reinhard Heydrich, protettore nazista di Boemia e Moravia, braccio destro del capo delle SS Heinrich Himmler, teorico della «soluzione finale» nonché prediletto di Hitler stesso. Un uomo anaffettivo, dallo guardo gelido, in grado di spaventare figure più alte in grado di lui e di trasformare in un rigido computo matematico lo sterminio sistematico di ebrei, oppositori del regime e popoli ritenuti inferiori, a detta di chi lo ha conosciuto, oltre che degli storici che ne hanno tratteggiato la complessa personalità e l'importante ruolo nella costruzione del mito ariano. Quando il sadismo si fa talmente incontenibile da transitare dalla storia al campo della letteratura, i confini fra le due aree sfumano.

HHhH, di Laurent Binet, riproposto ora da La nave di Teseo (pagg. 395, euro 18, traduzione di Margherita Botto), getta un ponte fra Storia e finzione narrativa. Non fatevi fuorviare dalle prime pagine, quelle in cui Binet spiega più a sé stesso che al lettore perché abbia scelto la forma romanzo per raccontare una vicenda vera e tutto sommato non lontana nel tempo. HHhH, che finisce per essere anche un libro di storia e un diario di autoanalisi, prende quota quasi subito e avvince, nonostante la fine sia già scritta e ben nota. L'intento di scavare nella personalità complessa di un boia che tale non si sentiva, convinto che la sua fosse una semplice missione inserita nel contesto della germanizzazione del mondo, riesce bene all'autore. In fondo, la nomina di Heydrich a protettore di Boemia e Moravia del 27 settembre 1941 aveva un fine chiaro: reprimere ogni forma di sedizione. Nessuno avrebbe potuto prendersi a cuore tale compito meglio del giovane ufficiale e nessuno avrebbe potuto svolgerlo in maniera più fredda e chirurgica. Ecco perché quei nomignoli.

Considerato la mente della coppia che lo vede al fianco di Himmler (HHhH stava per Himmlers Hirn heißt Heydrich, ovvero «il cervello di Himmler si chiama Heydrich»), in realtà, nonostante la sua ben nota e sfrenata ambizione, ne restava il braccio destro. Portare a termine la pacificazione del protettorato di Boemia e Moravia sarebbe stato un ottimo trampolino di lancio verso i vertici assoluti del Terzo Reich e l'efficienza mostrata in Cecoslovacchia dall'allampanato ufficiale biondo delle SS era destinata a farlo approdare a zone più riottose del crescente impero nazista. Magari in Francia. Ma fierezza, narcisismo e una certa supponenza spinsero Heydrich, consapevole di essere per il popolo ceco l'incarnazione del terrore, a commettere leggerezze imperdonabili, come gli spostamenti dalla sua villa al centro di Praga su una Mercedes decappottabile senza scorta.

È proprio da questa banale sottostima che prende le mosse HHhH, un romanzo che riesce a esprimere la passione quasi adolescenziale dell'autore per una pagina della storia che, malgrado gli orrori che la anticipano e la seguono, ha un che di straordinariamente avventuroso.

Due giovani paracadutisti, il ceco Gabcík e il moravo Kubi, transfughi in Inghilterra, furono scelti per quella che, di fatto, equivaleva a una sensazionale missione suicida: essere paracadutati in patria per eliminare il boia, Rudolf Heydrich. Sappiamo tutti come andò, eppure cinema e letteratura hanno ricostruito a più riprese le gesta dei due soldati, così come l'arroganza del loro bersaglio. Il compianto giallista scozzese Philip Kerr in La notte di Praga (Piemme, 2013) faceva interloquire con sagacia narrativa il suo investigatore, Bernie Gunther, con la macchina bellica delle SS e con Heydrich in particolare. Lo stesso Robert Harris, inserì Heydrich nelle pagine del best seller Fatherland (Mondadori, 1992). Sette uomini all'alba di Alan Burgess (Mondadori), addirittura, è tutto incentrato sulle figure di Gabcík e Kubi. Il film Missione Anthropoid del 2016 ricostruisce, senza eccedere nell'esaltazione dei paracadutisti che lo uccisero, l'attentato a Heydrich e la pesantissima rappresaglia attuata dai nazisti. Per capirne di più, suggerisco la lettura di Praga. Ritratto di una città (Odoya) di Andrew Beattie, un'ottima guida turistica che racconta con dovizia di particolari la morte di Heydrich e l'ordine del suo successore di distruggere la cittadina di Lidice in cui si erano rifugiati alcuni membri del commando omicida, radendola al suolo dopo aver passato per le armi tutti i maschi al di sopra dei quindici anni e aver mandato ai campi di sterminio donne e bambini.

Conspiracy - Soluzione finale (2001) mostra un Kenneth Branagh un po' troppo patinato, non

molto credibile nei panni di un Heydrich che detta le regole della soluzione finale, appunto, nella conferenza di Wannsee. Decisamente meglio Jason Clarke nel film L'uomo dal cuore di ferro (2017), tratto proprio da HHhH.

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