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Bisio prende in giro l'Italia dei furbetti

Il comico: "Gli elettori? Pessimi come gli eletti"

Bisio prende in giro l'Italia dei furbetti

In effetti arrivare dopo Benigni, Celentano e pure Crozza, non è facile. Quelli sono dei mostri sacri, che si presentano pure con cavallo bianco e la Costituzione, però se vieni sul palco di Sanremo devi almeno essere in forma. Invece Claudio Bisio ieri sera non sembrava lui, sottotono, imbarazzato, senza grinta, lontano dal brillante comico che per tanti anni ha tenuto banco a Zelig. L'Ariston può raggelare anche i più bravi e quest'anno ci hanno lasciato le penne proprio i comici. Se la prima sera, Maurizio Crozza si era fermato dopo alcuni fischi del pubblico in sala ed aveva faticato a rimettersi in moto, Bisio non è mai partito. Ha cominciato il suo intervento con un suo vecchissimo pezzo di repertorio, giocando con Paperino, Qui, Quo e Qua e le mucche. Una scusa per dire «ma come si fa a non parlare di politica?», ti tocca parlare per mezz'ora del nulla, e dunque - per qualche secondo pareva il Grillo dei poveri - si è lanciato in un «abbasso! mandateli tutti a casa, fanno promesse e non le mantengono, distruggono l'Italia».

Ma chi? «No, non i politici. Ma che li vota, i cittadini, di cui i politici sono lo specchio...» Poteva essere un bel punto di partenza per fare un divertente ritratto degli italiani, di quelli che non battono mai gli scontrini, di quelli che prendono le pensioni da ciechi e accompagnano in macchina la mamma, delle pulzelle che si abbarbicano a un riccone pensando di aver avuto l'idea per prime. Invece, la gag non prendeva vita e Bisio si è ritrovato a ripiegare su battute scontate come «quelli che fanno casini (con la c minuscola) come andare al Family day con due famiglie», o che - per coerenza - «i comunisti devono mangiare i bambini», «i fascisti devono invadere l'Abissinia» e «i cattolici devono andare a messa». Insomma, promesse non mantenute: alla vigilia sembrava che il comico potesse mettere in piedi un momento comico dedicato al sociale in contrasto con quello di Crozza che ha preso di mira i leader politici. Invece, meglio non fare confronti...Va bè, archiviamo la satira politica di Sanremo.

Tanto qui di politica, anche se siamo in campagna elettorale, ne è passata tanta: dalla coppia gay che rivendica il diritto di sposarsi, ai discorsi impegnati sull'ecologia, all'incisivo (ed esemplare) monologo di Luciana Littizzetto contro la violenza sulle donne, financo alla canzone sull'amore omosessuale («Amami uomo») del bravissimo Renzo Rubino. Da domani si torna alla politica vera. Meglio o peggio? LR

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