Boldini, il maestro che immortalò i volti della Belle Époque

Un ampio catalogo raccoglie gli acquerelli e pastelli di un italiano che anticipò le mode

Boldini, il maestro che immortalò i volti della Belle Époque

Un vento, un vento benefico, non di tempesta, un vento che muove l'aria, pulisce il cielo, risveglia. A questo penso davanti alle opere di Boldini: lo stile di Boldini, nella sua età matura, non è artificio, come appare, ma natura. È un vento forte che scuote l'immobilità dell'immagine, la sua facilità e il suo limite illustrativo, per una strada diversa da quella del Futurismo, ma nello stesso senso.

Boldini è un anti-accademico ma è anche un pittore classico. Il segno, la pennellata veloce, non sono una fuga, ma una condizione più viva della pittura, un modo per fermare ciò che è instabile lasciandolo tale. Boldini non imita, non riproduce, compete. Il suo vento è la sua vanitas, per cui tutto si spegne: per questo è considerato mondano, superficiale, facile. In realtà Boldini, vissuto a Parigi a fianco degli Impressionisti fin dal loro esordio, fu l'unico italiano che, superato il provincialismo, non si fece seguace ma anticipatore.

L'Impressionismo fu un'arma che non volle usare, pur non rinunciando al confronto con la vita moderna. Ma di Parigi egli intuì l'essenza cosmopolita, e fu pittore essenzialmente cittadino. Pittura e disegno, acquerello e pastello, in lui sono la medesima cosa, uniti dalla velocità di esecuzione, dalla istantaneità con cui gesto e movimento sono bloccati e non riprodotti, ma prolungati. Quale differenza con un grande statico, benché mobile nello spazio della mente, come Cézanne, o con un euforico della natura come Monet!

Boldini vive nella pittura e in essa ama la vita. Lo si vede anche nei pastelli ed acquerelli dei vari periodi: dall'intima conversazione de I due amici al vibrante Bois de Boulogne, dalla bellezza eterea della Divina alla potente sensualità della contessa de Rasty. Non mancano intense atmosfere di teatri e di caffé, spazi di ampi paesaggi pieni di vento, architetture umili o sfarzose, animali sorpresi nel lavoro o nel gioco, momenti, aspetti, volti e semplici oggetti della vita di tutti i giorni, ove spicca costante la ricerca della vitalità e la gioia di fermare l'attimo.

Ottocento e Novecento sono, nella sua poetica, indicazioni convenzionali, prive di un riscontro reale. Boldini non è mai un ritardatario, ma un pittore del Novecento prestato all'Ottocento, in un perpetuo controtempo. Artista indocile ad ogni scuola, Boldini fu certamente anche pittore della Belle Époque, ritraendo una società che bramava ostentare le proprie fortune attraverso lo sfolgorio delle sue donne: le mogli e le figlie, le amanti, le cocottes, e il mondo di sprechi nel quale erano immerse. Ma in quel lusso sfrenato brillava la bellezza e Boldini ne era stregato.

Impressionismo, Futurismo, Espressionismo, ogni tendenza si fonde dietro le lenti dei pince-nez boldiniani in un cocktail di forme in cui il mestiere e il virtuosismo consentono di attingere a profondità insondate. Boldini oggi è con noi, senza che nulla del suo mondo ci appartenga più. Ma grazie anche ai suoi acquerelli e pastelli quel mondo non cadrà dalla nostra memoria, e vi rimarrà regalandoci una freschezza di impressione che incanta, come in un autentico inno alla libertà.

Il libro di Bianca Doria, dopo gli oli e i disegni, affronta gli acquerelli e i pastelli, dove l'istinto trova la minor resistenza nella materia, e consente a Boldini di esprimere con assoluta immediatezza le rapinose impressioni sulla realtà, emozioni pure, senza corporeità. Ciò che in pittura è straordinario artificio, nell'acquerello appare inevitabile conseguenza stessa delle cose. La realtà chiede il gesto che l'afferri, non vuole altra impronta.

Per intenderlo ci assistono le parole di Montale, in Ossi di seppia, scritte quando ancora Boldini e d'Annunzio erano vivi: «Esterina, i vent'anni ti minacciano,/ grigiorosea nube/ che a poco a poco in sé ti chiude./ Ciò intendi e non paventi./ Sommersa ti vedremo/ nella fumea che il vento/ lacera o addensa, violento./ Poi dal fiotto di cenere uscirai/ adusta più che mai,/ proteso a un'avventura più lontana/ l'intento viso che assembra/ l'arciera Diana (...) L'acqua è la forza che ti tempra,/ nell'acqua ti ritrovi e ti rinnovi:/ noi ti pensiamo come un'alga, un ciottolo/ come un'equorea creatura/ che la salsedine non intacca/ ma torna al lito più pura./ Hai ben ragione tu! ()il tuo profilo s'incide/ contro uno sfondo di perla./ Esiti a sommo del tremulo asse,/ poi ridi, e come spiccata da un vento/ t'abbatti fra le braccia/ del tuo divino amico che t'afferra./ Ti guardiamo noi, della razza di chi rimane a terra».

Questo è lo spirito di Boldini, il divino amico che trasforma le donne che dipinge in dee.

Nessuna moda può piegarlo, Boldini la moda la fa. Consacra la bellezza. Restituisce alle sue donne una bellezza senza fine. È un artista totalmente libero, che sente la vita e la trasmette in pittura. Negli acquerelli realtà e vita sono una cosa.

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