Parigi. Quando pubblicò Il singhiozzo dell'uomo bianco, nel lontano 1983, alcuni dei suoi ex compagni della gauche militante dissero che quel libro era «in odore di razzismo», perché Pascal Bruckner, figura di spicco dei «Nouveaux philosophes», denunciava il sentimentalismo terzomondista che dominava in una certa sinistra e l'autolesionismo di un'élite bianca consumata da un delirante odio di sé, dall'idea che tutti i mali della terra trovassero origine in Occidente. Oggi, nonostante le previsioni di Bruckner trovino sempre più riscontro nella realtà, a colpi di strade sbattezzate, università «decolonizzate», statue abbattute e libri censurati perché infarciti di «stereotipi razzisti», il filosofo francese viene trattato come un «reazionario» irredimibile, un «vecchio maschio bianco eterosessuale», nostalgico di un mondo che non esisterà più.
Bruckner di questi «marchi d'infamia» che gli vengono appiccicati addosso ne ha fatto un motivo di fierezza, e combatte contro i suoi avversari con l'arma che sa utilizzare meglio: la penna. Il suo recente Un coupable presque parfait. La construction du bouc émissaire blanc (Grasset) - che non smette di far discutere - è il grido di allarme di uno dei più lucidi intellettuali francesi viventi, che osserva preoccupato la progressiva decadenza dell'Occidente e del progetto universalista dei Lumi, a beneficio di una società tribalizzata in preda alla lotta di generi, razze e comunità, dove l'uomo bianco è «il nuovo Satana». «Non invoco la rivincita dell'uomo bianco, denuncio l'idea che sia considerato come il capro espiatorio: il discorso femminista, antirazzista e decoloniale che designa l'uomo bianco e la donna bianca come la fonte di tutte le disgrazie dell'universo è un discorso semplicistico», ha dichiarato Bruckner a France Culture. Il femminismo tradizionale era universalista, «il neofemminismo», invece, «è apertamente separatista, se non addirittura suprematista, e mette i sessi l'uno contro l'altro», attacca il filosofo parigino, secondo cui «il femminismo del progresso si è trasformato in un femminismo del processo».
Un esempio di questa tendenza è la recente esternazione della femminista radicale Alice Coffin, autrice del libro Le Génie lesbien, che ha invitato le donne a «eliminare gli uomini dalle nostre menti: non dobbiamo più leggere i loro libri, né guardare i loro film, né tantomeno ascoltare la loro musica». Molte neofemministe americane, a cui le colleghe francesi si ispirano, presentano l'uomo bianco come uno «stupratore in potenza», ontologicamente predatore, dice Bruckner, ma tacciono quando a macchiarsi di episodi di aggressione sessuale sono le minoranze arabe e africane che vivono in Occidente, come è accaduto con le violenze di massa del Capodanno di Colonia del 2016.
Il neofemminismo va a braccetto con il nuovo antirazzismo, che non ha nulla a che vedere con l'antirazzismo originario, difensore di un'idea di umanità comune al di là della diversità delle origini e delle culture. Il nuovo antirazzismo esaspera le identità, si concentra sul colore della pelle e resuscita un concetto di razza che si credeva abolito, creando le condizioni di un nuovo apartheid. «Oggi vengono denigrati i volti di gesso, per celebrare gli altri colori della pelle attribuendo loro tutte le virtù», spiega Bruckner. La nuova ideologia antirazzista, dietro cui si nasconde un razzismo anti-bianco alimentato dalle minoranze e un autorazzismo folle delle élite occidentali, si sta diffondendo in tutti i settori della società francese. Delphine Ernotte, direttrice di France Télévisions, ha dichiarato che nella tv pubblica del futuro «gli uomini bianchi di più di cinquant'anni» avranno sempre meno spazio, a favore delle persone figlie della «diversità». Sulla sua scia, anche il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, ha dato prova di apprezzare certe idee di provenienza americana. In un'intervista al settimanale L'Express di poche settimane fa, Macron ha infatti evocato l'esistenza in Francia di un «privilegio bianco», uno dei capisaldi del movimento Black Lives Matter. La frase ha fatto trasalire Bruckner, perché «parlare di privilegio bianco significa risvegliare l'idea di un peccato originale». In nome del multiculturalismo, l'Occidente sta cancellando se stesso, la sua storia millenaria, i suoi capolavori, e l'uomo bianco eterosessuale occidentale, ormai, «è in fondo alla gerarchia», afferma Bruckner, prima di aggiungere: «Meglio essere scuri che pallidi, omosessuali o transgender che eterosessuali, donne piuttosto che uomini, musulmani anziché ebrei o cristiani, africani, asiatici e indigeni piuttosto che occidentali». Secondo Bruckner, «l'unica identità che ai bianchi viene ancora concessa è quella della contrizione. I professatori di vergogna, le neofemministe, i decolonialisti e gli indigenisti dilagano, e ci invitano a pentirci». E ancora: «È in corso una vasta impresa di rieducazione, all'università, sui media, che chiede ai bianchi di rinnegare se stessi.
L'ultima volta che abbiamo subìto la propaganda razziale è stata con il fascismo negli anni Trenta: la scomunica a priori di una parte della popolazione. Eravamo vaccinati, grazie. Ma ci torna indietro da oltreoceano mascherata da antirazzismo, con nuovi protagonisti». I nuovi fanatici della «cancel culture» che vogliono affossare l'Occidente. E l'uomo bianco.
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