Un cantastorie combattente che ci ha insegnato a volare

Lo scrittore cileno Luis Sepulveda ha perso la battaglia contro il virus. Popolarissimo, era autore di poesie, romanzi e racconti

Un cantastorie combattente che ci ha insegnato a volare

La notizia del ricovero di Luis Sepulveda - di ritorno dal Portogallo con sintomi riconducibili alla polmonite - risale al 27 febbraio scorso, all'ospedale di Oviedo, vicino a Gijon, nelle Asturie, dove viveva dal 1996 insieme alla moglie Carmen Yáñez, poetessa anch'ella cilena e grande amore di una vita.

Ha dunque combattuto a lungo, come gli era abituale, lo scrittore cileno, in ospedale in coma con respirazione assistita, poi con qualche miglioramento e poi di nuovo grave, fino alla fine: la battaglia che se lo è portato via, ieri secondo quanto diffuso dall'agenzia spagnola Efe, è quella che tutto il mondo combatte, contro il coronavirus. Il suo era stato il primo caso diagnosticato in Asturia. Anche la moglie, 66 anni, era risultata positiva ma in condizioni non gravi.

Sepulveda - uno tra i più grandi cantastorie al mondo, dallo stile e dai tratti picareschi, profondi e appassionati, fumatore accanito, guerriero senza tregue - aveva compiuto settant'anni. Nella sua carriera ha pubblicato oltre venticinque libri e venduto oltre otto milioni di copie nel mondo. Lo scorso ottobre la sua casa editrice italiana, Guanda, lo aveva invitato a Milano per festeggiarlo con un grande evento. Era comunque spesso ospite del nostro Paese: era dal 2005 cittadino onorario di Pietrasanta, in Versilia, dove tornava per incontrare i ragazzi delle scuole, pubblico che amava sopra ogni altro e a cui ha lascito uno dei suoi ultimi messaggi esistenziali: «Ricordatevi che vola solo chi osa farlo».

Molti ricorderanno anche i suoi interventi all'ultimo Salone del Libro di Torino, concentrati su alcuni grandi temi della sua vita: la natura e gli animali, tra i più famosi gabbianelle e gatti oppure balene; la letteratura e la politica, tema che ha attraversato non solo la sua vita di scrittore ma anche e soprattutto quella di uomo; un futuro sostenibile per il pianeta, che aveva raccontato nel saggio Vivere per qualcosa (Slow Food Editore) scritto a sei mani con Carlo Petrini e l'ex presidente dell'Uruguay Jose Pepe Mujica e soprattutto in uno dei suoi più famosi romanzi, Il mondo alla fine del mondo (Guanda), in cui alla fine degli anni Ottanta un giornalista cileno esule dal proprio paese indaga, con l'aiuto di Greepenace, su una nave officina giapponese che pratica illegalmente e nell'impunità al caccia alle balene nei mari australi.

Premio Hemingway per la Letteratura, Premio Chiara alla carriera, Laurea Honoris Causa in Lettere dall'Università di Urbino, ma soprattutto combattente, dicevamo: da giovane, in seguito al colpo di stato militare di Augusto Pinochet, nel 1973, entrò a far parte del Partito Socialista cileno. Venne arrestato due volte e torturato per sette mesi, rinchiuso in uno spazio dove non poteva nemmeno alzarsi in piedi. Su questo tema era tornato a scrivere di recente, nel 2016, con La fine della storia (Guanda), una «novela negra» ispirata dall'«affaire Miguel Krassnoff», oggi 74enne, agente della DINA, capo e aguzzino di Villa Grimaldi, uno dei centri di tortura cileni più atroci, in cui la moglie di Sepulveda fu detenuta.

I giorni della lotta e quelli dell'esilio, la vita da rivoluzionario, le cicatrici lasciate dalla dittatura, le miserie del «secolo breve» e la lunga separazione dalla donna amata sono alcuni tra i temi che hanno perseguitato la memoria dell'autore de Il vecchio che leggeva romanzi d'amore (Guanda, pubblicato in Italia nel 1993) fino all'ultimo: «Non importa dove stiamo andando - ebbe occasione di scrivere - «L'ombra di ciò che abbiamo fatto e siamo stati ci perseguita con la tenacia di una maledizione».

Lasciò il Cile nel 1977, grazie all'intervento di Amnesty International che ne ottenne la scarcerazione in cambio dell'esilio, e visse appunto da esiliato per mesi, in Brasile, Paraguay e Nicaragua. Nel 1978 si era trasferito in Europa, andando a vivere ad Amburgo, mentre dal 1996 si era stabilito appunto Gijón, in Spagna, Paese che non aveva lasciato sebbene nel 2017 avesse riottenuto la cittadinanza cilena. Dopo quella contro la dittatura, il fuoco delle sue battaglie si era spostato sul neoliberismo e sull'ecologismo, ma nel frattempo era diventato uno scrittore famoso in tutto il mondo. A scrivere aveva cominciato prestissimo e prestissimo si era messo, con la letteratura, nei guai, come amava raccontare non senza ironia in un ritratto che ha sapore almodovariano: «Nel 1963 ci innamorammo tutti della nuova professoressa di Storia. La signora Camacho, una pioniera della minigonna». Così Sepulveda scrive un racconto su di lei di nemmeno una ventina di pagine: seppur breve però arriva al preside della scuola, che lo bolla come pornografia, ma ammette che è scritto molto bene. Il suo primo libro di racconti, pubblicato nel 1969, a vent'anni, Cronicas de Pedro Nadie, gli valse una borsa di studio per l'Università Lomonosov di Mosca, dove però resterà solo pochi mesi in seguito a una espulsione «per atteggiamenti contro la morale» dovuti alla sua relazione con la sua insegnante di letteratura slava.

Il vero esordio editoriale arrivò appunto nel 1989 - dopo anni passati come attivista di Greenpeace in missione per il mondo - con Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, forse la più ficcante testimonianza delle sue doti di affabulatore romantico intrecciate con il suo attivismo epico, donchisciottesco: il romanzo è di nuovo una parte della sua vita, sette mesi con gli Indios Shuar nella foresta, dove si trovava per studiare l'impatto della civiltà sulla popolazione indigena per conto dell'Unesco, dopo l'espulsione dal Cile. Un racconto che oggi è oro puro - perché vero e intenso, di prima mano, ma anche intriso di sentimento - per chi quegli indios non li ha mai conosciuti e ne combatte a colpi di click e petizioni le battaglie amazzoniche, un racconto in cui tuttavia il vecchio protagonista, Antonio Proano, trova nei libri il suo conforto all'inferno degli altri.

Un nome da torero, La frontiera scomparsa, Patagonia Express e poi nel 1996 il titolo che gli ha dato davvero la fama globale, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (sempre Guanda) che divenne anche un film d'animazione per la regia di Enzo D'Alò e che lo ha consacrato come scrittore oltre che per un pubblico adulto per le età in formazione.

Tanto che sulla scia di quel titolo, Sepulveda ha iniziato a produrre, negli anni Duemila, sempre nuove favole: Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza, Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà fino all'ultima Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa scritto a quattro mani con la moglie, nel 2018.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica