"La censura non è rock. Ma il politically correct è diventato eccessivo"

La band si gioca l'Eurovision a Rotterdam: "Bello ripartire da zero con un nuovo pubblico"

"La censura non è rock. Ma il politically correct è diventato eccessivo"

Loro davvero se ne stanno zitti e buoni. Nessun proclama, nessuna polemica costruita ad arte. Con il brano che ha vinto il Festival di Sanremo stasera i Maneskin si giocano anche l'Eurovision Song Contest all'Ahoy Arena di Rotterdam (diretta su Rai1 dalle 20,40 con il commento della strana coppia Gabriele Corsi e Cristiano Malgioglio). «L'effetto più bello è che finalmente suoniamo davanti a un pubblico vero, 3500 persone in presenza, praticamente una rinascita dopo tanto tempo», spiegano loro davanti a un piccolo schermo proprio a Rotterdam.

Sono Ethan il batterista, Thomas il chitarrista, Victoria la bassista e Damiano il cantante. Insieme hanno un look da rockettari anni Settanta ma sembrano freschissimi, se non altro per differenza: non assomigliano a nessuno dei concorrenti e, a dirla tutta, sono anche distanti dal look dell'oceano di trapper che galleggiano nel mainstream. Riconoscibili, ecco, soprattutto per chi ha poca confidenza con il rock di qualche tempo fa. Arriveranno sul palco non da favoriti (porta sfortuna) ma sicuramente da osservati speciali, visto il successo che il brano Zitti e buoni sta raccogliendo in mezzo mondo. Tanto per capirci, non è soltanto il più ascoltato in Italia su Spotify tra marzo e maggio, ma è anche globalmente il più ascoltato tra i pezzi in gara. Oltretutto è in testa, sempre su Spotify, negli Emirati Arabi, in Austria e in Ungheria. «Ma a noi piace molto il ruolo in cui ci troviamo qui». E qual è, Damiano? «Siamo di nuovo nella parte di chi si deve far conoscere e prova a mettersi in gioco partendo da zero». Però, nel frattempo, persino il gigantesco Little Steven della E Street Band di Bruce Springsteen li ha definiti «non male». Praticamente una incoronazione. Nella galassia dell'Eurovision Song Contest (anche se c'è qualcuno che lo chiama ancora Eurofestival...) ruotano 25 mondi di altrettanti artisti distinti e distanti, talvolta folcloristici ma talvolta obiettivamente forti, come gli Hooverphonic, la band rinata dopo i successi di inizio Duemila che rappresenta il Belgio: «Noi tifiamo per loro», dicono non a caso i quattro Maneskin che non si sbilanciano troppo nel giudicare i look o le canzoni degli altri concorrenti: «Ci sta che qualcuno esageri o si presenti in modo troppo appariscente, però talvolta i costumi che possono sembrare eccentrici rispecchiano la cultura del Paese dal quale arriva l'artista».

Una risposta perfettamente diplomatica che contrasta con l'irruenza del loro brano e la botta di energia che deriva da ogni loro apparizione. Una miscela calibrata che per forza ha colpito anche la stampa straniera, perché di altri Maneskin in giro se ne vedono pochi: «In effetti il feedback è molto positivo sia nel corso delle interviste che abbiamo fatto qui in presenza che in quelle via streaming», dice Damiano, a conferma che, dopo l'apparizione nelle classifiche americane, qualcosa si sta muovendo per loro anche nel resto delle classifiche che contano. Mica male per un gruppo che suonava con il cappello sul marciapiede in Via del Corso a Roma («Ci torneremo», dicono) e che proprio in quel periodo hanno scritto il brano che oggi si gioca il tetto d'Europa. Victoria, che è una delle colonne della band, dice che «non abbiamo nessuna strategia per vincere. Nel nostro repertorio ci sono anche brani in inglese, che magari potrebbero essere più comprensibili in un contesto del genere. Ma va benissimo anche Zitti e buoni». Dopotutto, aggiungono tutti gli altri, «qui sentiamo gente che la canta in italiano anche se non sono italiani». I Maneskin sono arrivati all'Eurovision dopo aver accettato di limare alcune volgarità del loro testo. In sostanza, «Vi conviene toccarvi i co...» è diventato «Vi conviene non fare più errori» e «Non sa di che ca... parla» ora è «Non sa di che cosa parla». Lo impone il regolamento ed era inutile fare un braccio di ferro che si sarebbe rivelato soltanto controproducente. Però loro, che hanno le idee chiare nonostante i vent'anni, dicono «siamo contro la censura».

E poi entrano nel merito: «Ormai le regole del politicamente corretto sono diventate eccessive. È chiaro che ci sia una netta distinzione tra l'utilizzo di parolacce nelle canzoni e l'inserimento di parole che creano discriminazione tra i generi o tra le persone». È la nuova frontiera del rock: ribellione consapevole.

A proposito, e il rock? «È considerato di nicchia solo in Italia ed è una cultura che andrebbe riscoperta. Se i ragazzi ascoltassero questo tipo di musica potrebbero apprezzarlo molto più di quanto sembri ora». Più chiaro di così...

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