"Chichita" Calvino, l'altra metà delle parole di Italo

"Chichita" Calvino, l'altra metà delle parole di Italo

A 93 anni si è spenta ieri a Roma Esther Judith Singer, la vedova di Italo Calvino, nota come Chichita, sua traduttrice nel mondo e volto solare di quello scrittore ricordato sempre come schivo e taciturno. A dare la notizia della morte è stata Einaudi, la casa editrice storica di Italo Calvino.

Chichita era una giovane traduttrice argentina quando conobbe Calvino a Parigi nel 1962, dove lei viveva dal 1954 dopo aver abbandonato la famiglia, appartenente all'alta borghesia di Buenos Aires. Nel 1964 si sposarono a La Havana per poi trasferirsi a Roma. La morte dello scrittore nel 1985 le impose il ruolo, condiviso con la figlia Giovanna, di «erede di Calvino». Chichita ha rispettato sino alla morte la volontà dello scrittore che il suo archivio - messo a disposizione soltanto per i «Meridiani» Mondadori fosse precluso agli studiosi. Questo per evitare quello che accade a tanti scrittori scomparsi: che si facesse scempio dei suoi scritti, quelli non ancora terminati che in tanti casi alimentano la pubblicazione di libri postumi. Chichita Calvino è stata la depositaria più inflessibile delle volontà del marito tanto che in molti, nel campo dell'editoria, la chiamavano la «vedova nera della letteratura italiana».

Sarebbe limitante, però, ritrarla soltanto come depositaria di una eredità così importante. Aveva sempre vissuto nel cuore, e anche nei romanzi, di Calvino: è lei la coprotagonista femminile di Se una notte d'inverno un viaggiatore e non è difficile riconoscerla nella signora Palomar e nella Olivia di Sotto il sole giaguaro.

Chichita, al contrario del marito, era una parlatrice amabile seppur sorvegliata e sensibile, e sempre attenta all'interlocutore. Nei pranzi importanti, a Parigi o a Roma ricordava Chichita in alcune rare interviste i padroni di casa le riservavano il posto accanto agli ospiti più ostici, perché sapeva parlare con tutti, di tutto, mentre Calvino, parole sue, soprattutto in pubblico, «era quasi afasico». Chichita da anni era immobilizzata dentro la sua grande casa romana.

Dentro a quel corpo minuto come ha raccontato l'amica Francesca Serra, docente di letteratura italiana all'Università di Ginevra - era capace di frasi e discorsi folgoranti, pur nel torpore della sua mente, spesso dal suo letto, davanti ad un televisore dove le immagini scorrevano mute. Come fosse lei a inghiottire il tempo e non il contrario.

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