Clementino: "Il rap mi ha salvato la vita"

L'artista pubblica «Tarantelle» dopo essersi disintossicato dalla cocaina

Clementino: "Il rap mi ha salvato la vita"

È un «rapper perbene» Clementino, e ci tiene a dirlo oggi, soprattutto alla nuova generazione di trapper «tutti orologi e vestiti firmati, ma che poi non vanno a tempo», ragazzini che parlano di droga come una cosa figa, e non sanno cosa voglia dire». Perbene, forse, lo è sempre stato, ma lo è anche diventato: alle spalle ormai il freestyle puro, la rabbia, la cocaina, per cui stava «per morire»: «Ora ho 37 anni e voglio godermi la vita da rapper famoso», confessa. La consapevolezza è passata anche da una comunità di recupero, dove ha «ricominciato a sognare» e organizzava «gli spettacoli» per gli altri ragazzi, memore degli anni da animatore nei villaggi. Uno stato di «pace» che si ottiene solo quando si ha qualcosa da dire, perché il rap è una cosa: verità.

Così nasce il nuovo album di Clemente Maccaro, sul palco Clementino, che rivendica: «O' vient è stato il primo pezzo hip hop napoletano sdoganato in radio».

Il titolo di questo nuovo lavoro (tour europeo e italiano in autunno) è Tarantelle: 14 brani selezionati lontano dalla fatica frenetica «dei Sanremo uno dopo l'altro». Un album maturo di canzoni «eclettiche come la tarantella» ma «curate» nei dettagli. In Tarantelle infatti emerge una vena da cantautore: l'attacco di Mare di notte, ad esempio, ricorda una «pennellata» di Pino Daniele sulla chitarra. E se qualcuno glielo fa notare, gli si illuminano gli occhi: «È un complimento. Alessandro, il figlio di Pino, mi disse non hai idea del rispetto che mio padre abbia per te». Oggi Cleman, come lo chiamano i suoi collaboratori, il flow sa bene di averlo.

Come in Hola dove duetta con il giovane Nayt, «uno senza peli sulla lingua». Insomma qualcuno degli epigoni decide di salvarlo, lui, il decano «perbene», che oggi - come dice nel primo brano - è «Ghandi fuori» e «vafammocc», ma solo «dentro».

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